Critica Sociale - XVII - n. 13-14 - 1-16 luglio 1907

212 CRITICA SOCIALE L'o1>eraio non de,•e pensare soltanto ad ncquisìre maggiori salari, a guadagnare di più; ma anche a spendere bene quello che ha, a trarre la massima utilità dai propri consumi. Uscito dalla fabbrica, si trova su altri mercati. .1 1; deve evi tare che la classe capita.lista tolga con una mano, elevando il costo della vita, ciò che concede coi maggiori salari dal- 11altra mano. L'aumento di capacità d'acquisto - coi salari alti - produce maggior larghezza nei consumi (e noi vediamo nel Reggiano che le affittanze collet– tive e le altre Cooperative di produzione, occupando mnggior mano d'opern, hanno procurato piil note,•ole sviluppo delle Cooperative di consumo). Reciproca– mente, l'organizzazione del consumo, offrendo le armi allo svolgersi dell'industrialismo cooperativo, deter– mina le nuove forme di resistenza con l'intervento nella 1>roduzione e la conquista di più elevate mer– cedi. È un cerchio caratteristico, una specie di catena elettrica, in cui un termine agisce sull'altro, e reci– procamente. La propaganda è ancora intonata in prevalenza sul vecchio criterio della resistenza; e, se si volgono esortazioni ai lavoratori di formar Cooperative di consumo in ogni borgata e di pl'ovvedersi dalla Cooperativa piuttosto che dal bottegaio (onde la lotta, nel Reggiano, del ceto dei bottegai contro i socialisti, che non fu ultimo elemento nella perdita dei Comuni), non esiste ancora una vera imposta– zione metodica di propaganda nel campo del con– sumo. .8ppure molto vi sarebbe da fare. E sarebbe un tipo di propaganda, aperta quanto mai alla pe– netrazione di ciò che chiamerei l'etica dei consumi, cioè un insieme di principi sull'arte dj indirizzare rnzionalmeute i propri consumi, in modo da trarne il maggior vantaggio non solo personate.fisiologico, ma anche sociale. Non dico che si debba fare come l'armata della salute, poco adatta al clima ed al sorriso latino i ma molto si potrebbe ottenere per la elevazione psichica del proletariato. L'importanza del " punto di -vista del consumo n nel movimento reggiano va accentuandosi, man mano che esso si svolge, e risalta da alcuni dati tipici. Ne citerò qui uno. Abbiamo visto più su a qual punto cli forza sia giunta l'organizzazione dei lavoranti fornaciai, che conduce, con cottimi collettivi 1 molte fornaci del Reggiano. Ora, questa associazione ha stabilito come criterio, nelle sue agitazioni econo– miclie, di non concordare soltanto coi proprietari di fornaci il prezzo del lavoro (salari maggiori), ma di stipular pure ed imporre ai proprietari stessi l'obbligo di non mettere in vendita i prodotti ad un prezzo superiore a quello stabilito nel concordato. I lavoratori-produttori si preoccupano dell'effetto che le loro conquiste potrebbero avere nel consumo, spio• gcndo i proprietarì a rivalersi con l'aumento del prezzo dei materiali. I fornaciai si preoccupano delle condizioni in cui si troverebbero le Cooperative edi– lizie, quelle per le Case popolari, la Cooperativa per la ferrovia, ecc., che sono tutte parte del movimento unitario e potrebbero essere costrette a pagare di piìt i prodotti che loro occorrono. È un esempio squisito di solidarh)tà d'interessi, che non credo abbia molti riscontri altrove. Ed è un indice prezioso dì forme nuove per l'avvenire. Lo sforzo ·tenace e costante per l'unità del movi– mento, la tendenza accentratrice e coordinatrice, che s'Afferma sempre più a Reg.(:t'io,scaturisce dalla per– suasione - fors'aneo piì.1 sentita che professata - cli nn grosso pericolo da evitnre: il contrasto tra i vari gruppi e le varie categorie di mestiere. S'Affacciano per primi sulla soglia dell'azione so– ci:\lista i gruppi operai, che hanno più forza e più so1ide reni, e strappano vantaggi e conquiste ai ca– pitalisti. Il processo è disordinato e frammentario. Ma i vantaggi e le conquiste non hanno luogo solo a danno del cl\pitalista; hanno o possono aver luogo ancho a danno degli altri gruppi dei produttori e dell'insieme dei consumatori. Ji'inchè il moto socialista era all'inizio, era giusto non pensare ad· altro che a qualsivoglia conquista fosse possibile, per quanto isolata. e particolare. Ma, mano mano che si va avanti, non si può più oltre trascurare il riferimento dell'azione e tattica di un gruppo agli interessi generali degli altri gruppi. Ogni gruppo ha una naturale tendenza particola– rista. li calzolaio dice: perchè debbo tassare la mia opera meno di quella del sarto? E viceversa. La. fis– sazione del valore delle prestazioni da parte d'ogni gruppo non può essere lasciata al gruppo stesso. Anche in questo punto si presenta un interessante dato nell'ambiente reggiano. Per iniziativa di Antonio Vergnanini, che è una delle menti più feconde del socialismo italiano (non un commesso -viaggiatore di formule fatte, ma un ereatol'e di formule nuove), sta sorgendo la Cooperativa delle Cooperative o Coope– t·ativa integ1·ale. Pare un sogno òei tempi fourieristi o oweniani, tradotto in concreta realtà. Ogni lavo• ratore dovrà fap parte dell 1 orga.uismo nuo\'O nella doppia qualità di produttore (appartenendo ad una Cooperativa di lavoro o produzione) ed in quella di consumatore {partecipando a.Ile Cooperative di con• sumo e valendosi di esse). Verrà a. stabilirsi una specie di compensazione tra ciò che guadagna e ciò" che consuma. Si abolirà la moneta! dice qua1che entusiasta nelle serate tranquille in cui Vergnanini porta attorno, nella città cho tace, il gruppo pensoso degli uomini nuovi, suscitatori di energia. Non è qui il caso di addentrarsi più a lungo (lo farò, se occorrerà, altra volta) nel complicato e de• licatissimo congegno che sta per mettersi in azione, e che potrà esercitare grandissima influenza nell'am• biente reggiano. Qui mi basta accennare che, nella Cooperativa delle Cooperative, la determinazione del prezzo della mano d'opera, come pure del prezzo dei prodotti, è affidata, non ad ogni singolo gruppo, ma all'assemblea gene• rale di tutti o alla emanazione complessiva loro. I gruppi di produttori, riunendosi assieme, agiscono ed acquistano il profilo di consumatori. È una risoluzione elegante e coraggiosa della dif– ficoltà presentita. Si prevfone, più ancora che non si ripari, ad inconvenienti, che potrebbero essere esi– ziali. Si taglia alla radice il germe delle competi– zioni intersindacali. Io credo che tutti questi fatti meritino di essere studiati un po' attentamente, e mi riterrò soddisfatto se vi avrò richiamato sopra l'attenzione degli stu– diosi e dei pratici. Mi sia lecito solo - in relazione ad un ordine di idtie altra volta da me sostònuto - indicare qual germe di nuova orientazione in questi fatti si rac– chiude. Per troppo tempo ha. prevalso una specie di dal– tonismo marxista nelle file del partito socialista. Si è vista, unicamente, come spiegazione universale e chiave di ogni avvenimento economico, la lotta di classe tra salariati e salarianti. Andate un po' a spiegare, al lume di questo solo criterio, per esempio, la questione vinicola del mezzodì di Francia, che da una tarrasconata ha cavato quasi una lotta civile, ed ha insanguinate le vie di Na.rbona ! Tartarin che lotta pel suo vino non si spiega con Carlo Marx. Tl revisionismo riformista, fra le altre sue bene– merenze, si è anche incaricato di mostrare che la lotta fra salariati e salarianti non è sempre così netta, così rigida, così sola. Si è elevato ad una vue d'ensemble più comprensiva. Ma, a chi ben veda, in fondo in fondo, ha conservato la impostazione mar• xistn dell'antitesi tra capitalisti e lavoratori. Ha am– messo che parecchie volte, invece che lotta, c'è fra

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