Critica Sociale - Anno XV - n. 21 - 1 novembre 1905

CRITICA SOCIALE · 323 Certo noi non abbiamo la cul'iosa pretesa cli attri· huire al sochliismo meriti che no□ gli spettano. Non diciamo, ad esempio, che le riforme tributarie che esso propone sono una novità di cui i Ghtd~tone, i i\fiquel ed i Pierson dovrebbero meravig-liarsi. Noi ammettiamo volontieri che cotesti illustri signori, cli cui si gloriano a ragione i partiti liberali di tutti i paesi, si sono fatti molto onore exim, 1nitros - come si legge nelle gazzette di provincia - ma ag– giungiamo anche che in ltalia le cose sono molto diverse. rn rtalia i conservatori, dopo avere indivi– dualmente diagnosticato i mali e suggeriti i rir11cdi, si dimenticano troppo presto cli essere un partito e di poter agire sul Governo. Per questo, dopo tante proposte, tanti discorsi, tanti articoli, tanti libri, il pa.rtito socialista - cioè il pil1 lontano dal potere - deve riprendere qualcuna di quelle proposte e deve agitarla per conto suo nel paese, fra l'indiffe– renza dei più, l'ostilità partigiana dei molti, e il benevolo compatimento di coloro che gli gridano dietro: toh ! ecco che porta a spasso un'idea vecchia di vent'anni! Già, vecchia quanto le piaghe d'Italia, che tutti conoscono, ma che nessun partito cli Governo si ò mai provato a curare, tanto vero che noi siamo qui a disputare di nuovo sopra idee vecchie, che hanno però rnag_giorc attualità di quelle che si pretendono nuove. E cominciamo. . * * Von. Maggiorino Ferraris, i11 un dotto articolo clella Nnova, Antologia, ·si occupa a lungo delle no– stre proposte e dì quelle di !Dorico Ferri, o conclude accettando un po' dell'une e un po' de!Faltre, ma più delle seconde che delle prime. Prima di replicargli, ci sia permesaa una dichia– razione, e cioè che noi, abbozzando nel!~ ('diicct i,'o– ciale le linee fondamentali di una riforma tributaria, abbia.mo superato quel II primo atto" che illustrammo nella .Vuova,Antologia, del 16 ottobre 190!. Allora, preoccupati di tracciare un piano di attuazione im– mediata, credemmo opportuno arrivare con la nostra riforma al punto in cui le barriere interne non fos– sero necessarie che a riscuotere il dazio sul vino. Pensavamo - e l'abbiamo scritto in quell'articolo clic l'on. Maggiorino Ferraris ricorda e riassume - che, compiuto questo atto preliminare, il corona• mento de11a riforma non avrebbe incontrato l'oppo• sizione già esperimentata dalFon. Wolleml>org per la sua imposta sul vino. fofatti, resa evidente l'as– su1·dità di mantenere per il solo vino le barriere interne, si sa,rebbe potuto di lì a poco procedere al loro abbattimento, adottando una diversa e più equa tassazione del ,•ino.. Ma, ripetiamo, nelle nostrn pro• poste espresse nella Griticct Sociale e riprodotte so• stanzialmente nell'ordine del giorno 'l'urati-Bissolati al convegno di .Bologna, noi non ci fermiamo Al primo atto della riforma, ma la propugniamo in tutta la sua interezza. Perciò cade una delle piit gravi obbiezioni che il ]l'erraris muove alle nostre proposte, di limitarsi cioè a sgravare alcuni consumi di secondaria importanza, pu1· lasciando sussistere le cinte daziarie "che costituiscono la vera molestia di qucshL imposta medioevale". Al contrario, il mc• rito, che noi asscg·niamo alle nostre proposte - tanto a quella parziale che abbiamo esposta nella Nuorn A11tologia 1 quanto a questa più recente - ò di pre parare o di raggiungere l'abbattimento delle barriere interne. E, dopo questo, eccoci a sostenere, in contraddit– torio con l'on. )laggiorino Fcrraris, l'utilità e l'ur– genza della nostra, riforma. n li'erraris obbietta: solo 7 milioni circa di italiani vivono ci1tro le cinte daziarie; g-li nitri 2G milioni ne vivono fuori. A che dunque sostenere l'u1·genza di una riforma che gioverebbe soltanto ai due de~ cimi della popolazione italiana? Rispondiamo: l'obbiezione ha certo un g-ran valore se si crede che l'utile maggiore della riforma <lebba consistere nello sgravio elci consumi che andranno esenti cla dazio. i\fa noi crediamo che questo bene– ficio - forse destinato per parecchio tempo ad eH– sere assorbito nelle anfrattuosità del piccolo com– mercio - sia ancora il minor "anta_ggio 1 e che l'u– tile economico più cospicuo debba consistere nella libertà del commercio interno. r: non solo in cotesta libertà, ma nella perequazione fra reg·ione e regione che l'abolizione delle cinte recherebbe con sè. Il Jfcrraris sa molto bene in qual modo sono distribuiti i Comuni chiusi in rtalia: qualche. anno fa, dei 3:Jù Comuni chiusi (l1[talia, 78 erano ncll'Ltalia Setten– trionale, 54 nella Centrale, e ben 20+ nella Meridio nalc e nello Tsolo. Che se, specialmente in virtù ùel– J1art. t5 della legge 23 gennaio t 902 1 9 t Comuni spanli in tutte lo regioni passarono, in questi ultimi anni, dalla categoria dei chiusi a quella (lcgli aperti, ò lecito credel'C che la enorme spereqwrnione fra Nord e Sud esista ancora quasi immutata, donde ht urgenza politica come notaYa g-ìushunente il Dc– Viti .De )[arco - di rimuoverla sollecitamente. )la - osserva ancora il l<'cnaris lo rifonne delle imposte sul valore locativo e di famiglia non riguardano che 3.708.000 famiglie, mentre in Italia ve ne sono hen piì.1di tre milioni. Anche qui ci pàrc non sia stato ben compreso il nostrn intento, che non ò soltanto quello di sgravare le categ-orie più povere di contribuenti, nHt cli introdurre una mag-• giore giustizia nella distribuzione degli Onf'ri. Ogg-i - e l'on. )faggiorino .l!'enal'is lo sa - questo im– poste personali sono applicate diversamente nelle varie rcgioui d'ltalia. Diffusissimo in Toscana e nelle Marche, abbastanza diffuse nell'Italia meridionalP, esse sono poco applicate nell'rta.lia superiore e spc• cialmente nel Veneto e nella Lombardia. Di piÌI, mentre nelle citth maggiori esse rivestono il carat tcre di ,•ere e proprie imposte sul rerldito, con esc-tt– zione delle quote minime e con saggi progressivi, nei Comuni minori del .)(ezzogiorno e della. Sicilin essP. colpiscono, non secondo il grado di agiatezza, ma capo per capo, ritraendo btnto maggior rendi– mento quanto maggiore è il numero delle famiglie. 11:d ò per questo che abolire questa risuscitata mpi· fazione, sostituendo ad essa quell'impostf\. personale sul reddito che è uno degli strumenti più e,,oluti della moderna finanza, è fare ope1·a cli giustizia e di sana previdenza politica. Significa cioè chianrnrt' tutta la ricchezza d'ftalia a sollievo r\ellr popola– zioni più povern del }[czzogiorno 1 oggi spremute da.Ile loro amminist,rl1zioni con strumenti fiscali che hanno il pii1 odioso carattere di clasac, e ai quali esse tratto tratto tentano ingenuamente di muover guerra. con le fhccole e le scuri alzato contro i ,\[u. nicipi tassatori. Nè a questa riforma dovrebbe arrestarsi la sana pre,,idenza politica del legislatore. La finanza locale è, piì.1cli quella dello Stato, il museo di lutti i vecchi strumenti di tortura che la fantasia fiscale delle ge· nernzioni passate ha saputo escogitare. Così è diffusa moltisi:;imo nelle ì\hnche, nell'Umbria e nel Lazio, molto nel Mezzogiorno e nelle rsole, poco in Lom– bardia, nel Veneto e nel Jliemonte, l'imposta sul bestiame. Ora si pensi quel che essa può riuscire in Sicilia dove il yahelloto, dopo aver preso in af– fitto il fondo, lo fa arare da,i borgesi, poveri conta– dini che stanno un grado più in su del ilwora.nte a giornata e che posseggono l'aratro, un paio di buoi o di muli e quulche volta un mulo ed un asino. L'imposta sul hcstinmf', C'hf' C'0lpisrt' ()111:'Htipnri:1 della terra, è un'iniquifa b\.nto pili straiianh•. qu,rnto

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