Critica Sociale - XIV - n. 16-17 - 16 ago.-1 set. 1904

CRITICA SOCIALE fanno invece lo gnorri 1 si domandano trasognati dove mai abbiamo scovato il pericolo di gucna che denunciamo, ci sospettano di far come quei medici allarmisti che aggravano nella diagnosi lo stato del cliente per darsi poi il vanto di averlo strappato a certa morte, e ci accusano piuttosto di rendere noi stessi effettivo un pericolo fantastico coll'impressio• nare ed eccitare Ja pubblica opinione. m facile scorgere come i due ordini di censure stridono e si distruggono allegramente fra di loro 1 dispensando noi dalla noia di una confutazione. Altri giornali, d'ordinario pii1 intelligenti ~ ci– tiamo l'.Aclriatico (16 agosto) e il Corriere della Sera, ( l6 idem) - non disapprovano l'iniziati\•a i soltanto si mostrano scettici quanto alle conclusioni. n Cor– riere, fra l'altro, tenta di porre in contraddizione noi con noi stessi; perchè, mentre proclamammo - e davvero non ci pare tale verità. che moriti un hrevetto d 1 invcnzione - che, data l'ipoteei di una g-ucrra 1 sarebbe pericoloso fare opera la qualo po– tesse togliere forza all'obbiettivo di vincere - vi– ceversa ci scateniamo contro le classi o le opinioni che vorrebbero aumentare gli armamc11.ti , ossia le difese. - Possono i socialisti garantirci che la guerra non scoppierà ? esso domanda i e a li ora? - Deside– rerebbe cioè che, mossi da un punto di partenza an– timilitarista, finissimo per concludere alla necessità di rinvigorire gli appHrati guerreschi della nazione. 11 Corriere dimentica semplicemente - o si ri corda di dimenticare - che il nostro primo e più vero obbiettivo non è quello di negare la possibilità. di una guerra. ma anzi, avvertendone la possibilità, di toglierla di mezzo. Certo, noi saremmo illogici se volessimo togliere di mezzo una possibilità che ci apparisse inesistente e fantastica. Ammettendola invece 1 anzi vedendola crescere ogni giorno, non si capisce come potremmo combatterla, senza. com– battere insieme coloro che vi hanno interesse o che l:i fomentano . .Nè a questo si può opporre il trito " si 1,is pacem, J)ctra bellum ,,, perchò, a parte la discutibilità del paradossale aforisma, noi con– sideriamo la pace armata fino ai denti, J1aumento delle spese militari, come una specie di guerra cro– nica e, per quanto in potenza, non meno nociva della guerra -in atto. li Corriere può discutere se il nostro obbiettivo sia buono, se le forze ci basteranno per conseguirlo; ma non può, onestamente, impu– tarci di contraddizione. . .. Ma il convegno di Lugano avrà una portata di gran lunga superiore a quella che potrebbe desu– mersi da queste dispute: quella che ha già accen nato il Bissolati nella sua intervista col Corrie1·e cli Genova. Esso sarà il primo atto di vera e propria politica estera che verrà compiuto dal partito socia– lista e, por mezzo suo, dal proletariato d'Jtalia. Pren– dendo l'abbrivo da un pericolo immediato e forte– mente sentito, non da a~trologie internazionali che tralignano troppo facilmente in politica da farmacia., esso non potrà non avere una ripercussione fortis– sima - se non vorrà ostacolato, per miseri motivi, da chi piì.1avrebbe il dovere di agevolarlo - sullo svolgimento avvenire del partito socialista e sulla sua reale influenza nei destini del paese. Dei risul– tati immediati che potrà fornire ò giusto preoccu– parci; m~ un risultato di primo ordine sarà ottenuto col fatto stesso del convegno. Al quale noi non presumiamo cli recarci con una tesi assolutamente prestabilita, con un ordine del giorno compiuto jn tutte le sue parti, meno an– cora con uno di quei voti semplicisti e semplicioni 1 che ri~olvono le questioni in realtà coll'eluderle. Tutto ciò che noi possiamo portarvi è la tendenza profonda nei proletariati organizzati a contrastare i movimenti e IC'prcp11ra:doni bellicose, e il desiderio vivissimo di un'intesa pratica che a. quella tendenza risponda in rapporto al caso concreto. Noi siamo ben lontani dal rinnegare - come, con evidente mala fede, ci attribuiscono i fogli reazionari - l'im· portanza storica del principio di naziona!Wt e il fondamento delle aspirazioni dei nostri connazionali di oltre frontiera, sia a ricongiungersi un dì o l'altro alla madre patria, sia a salvaguardare, frattanto, la loro ling-ua 1 la loro coltura e a conquistare le ne– cessarie autonomie amministrative. Al contrario, quanto minore è J1atfidamento che noi, per riuscire a questi scopi, facciamo sulla guerra, tanto ò mag– giore il nostro debito cli cooperarvi per altre vie. A tracciare le quali, e a muovere in esse i pl'i mi passi, dovrebbe appunto mirare il Congresso di Lu· gano. Si obbietta che, se il partito socialista in Italia poteva fino a ieri (e può forse ancora, benchò in misura assai minore) forzare la mano al Oovorno, ò ridicolo pensare a una inttuenz.a analoga dei socia• listi austriaci sul Governo loro. ,~; questa precisa– mente l'indagine principale che dovrebbe farsi a Lugano: misurare sino a qual punto, e con qua.li mezzi, i proletariati delle varie nazionalità soggette nJl'aquila bicipite possano presumero 1 la mercè di un'azione concordata e comune, di rispondere alla azione nostra, infrenando le velleit?t bellicose di altri partiti e dello stesso Governo del loro paese. Su questa via i socialisti dell'Austria hanno già fatto del cammino - Je lettere al 1.'empo da 'J.'rento e eia rrrieste l'hanno ben dimostrato - e sarebbe arri– schiato affermare ch'essi non possano farne dell'altro, a pnssi anche più accelerati. 1n ogni caso, la questione è delicata e complessa, né la sua soluzione può dipendere soltanto dai so– cialisti; anche ammettendo in essi (il che è forse un po' audace) una specie di tacita investitura per la rappresentanza cli tutto il proletariato universale. essi non sono tuttavia una nazione, non sono un Go~ verno - mettono anzi una specie di accanimento a proclamare che non vogliono esserlo - molto meno possono impegnare due nazioni e due Governi in una volta sola. Ciò non toglie loro il diritto, nè li esonera dal dovere, di impegnare sè stessi a far va• \ere quella maggiore influenza, ch'è in poter loro nella direzione che stimano la piìt conveniente agli speciali iriteressi che rappresentano. . * • Finora il partito socialista (molto di simile po– trebbe dirsi, solatitttn miseris, anche cli piì.1altri par– titi) non ebbe in Italia una sua politica estera; di– remmo quasi - e qui sta il suo torto - che non avvertì il bisogno cli averla. l~sso visse, per questo riguardo, sui detriti sentimentali e contraddittorii della vecchia democrazia 1 ai quali è venuto meno col tempo, coi nuovi intrecci internazionali, anche la vecchia base tradizionale. Un po' di antitriplicismo, pel molto convincente motivo che Austria e Gerrna– nia, si sa, sono Stati autocratici; un po' di antimili– tarismo generico, perchè le armi costano quattl'ini, e le guerre sono antiigicniche, e l'educazione <li ca– sel'lna è anticivile, e Mosè, Cristo, 'l'olstoi prescris– sero: non ammazzerai~· con un pinico di " succhio• nismo ,,, era questo supcrgiù il bagaglio che si sbal– lava sul mercato. Se, fondata su queste ratuità, la nostra propaganda antimilita1·e fu un sèguito di fuochi di paglia sempre invano riaccesi 1 la cosa non do– vrebbe sorprendere le persone sensate. Quando .Bis– solati, fra noi - animato dallo stesso spirito che mO\'evn in Francia Jauròs alle sue corai:;-giose affer– mazioni antirevansciste - prese a ragionare di po– litica estera con criterii positivi, alla più parte dei nostri parve un solitario ohe farneticasse, e lo la· sciarono dire.

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