Critica Sociale - Anno V - n. 19 - 1 ottobre 1895

290 CRITICA SOCIALE dell'anima sua grande, alcuna favilla guizzava fra tutte quelle circostanti livree. Garibaldi ebbe due soli intensissimi odi nel cuore: pei preti e pei ladri; non pei ladruncoli trascinali alle Assisi.e, ma per quelli, ben c'intendiamo, che comandano ai giudici o che disranno il paese. Preti o ladri.I si veggano lo suo Memorie, 01·ano una cosa sola por lui; quelli rubano lo coscienze, questi il sudore del popolo; e s'aiutano a vicenda come le due mani. E gli toccò - episodio davvero caratteristico dell'Italia nuova - cli essere e inaugurato> sul Gianicolo dal capobanda dei ladri con la glorificazione del capobanda dei preti. Ma l'esaltazione spirituale del papa fu lo scopo teleologico dell'impresa di Roma: la cagione im– mediata e pratica fu altra, ed è in altra parte del discorso avvertita. Fu che il papa ebbe e: dimostrato che era impotente a vivere con le propr-ie forze, che a reggersi aveva bisogno dolio baionette stra– niere, delle quali alla sua volta era schiavo>. Cu– riosa spiegazione, la quale in vcriLi. par falla per giustificare qualsiasi o invasione o insurrezione nel- 1' Italia presente. Il ministro ha dimenticato di es– ::;ere il gran ciambellano di un 1·egime che, a rcg– i;,,crsi, ha bisogno per l'appunto dello armi straniere: infatti che cos'altro è la l'rtplice? E vi hanno forse baionette non ~ straniere-., quaudo non siano impu– gnate dal popolo, ma volte contro di esso1 Come chiama il Crispi le baionette ch'egli manda in Si cilia1 ' Un « umano » scrittore, del cui ultimo bizzarro libercolo s'intrattengono le gazzette in questi giorni, così caratterizza la mistificazione settembrina: L'idea religiosa, la completa libertà di pensiero o cli parola, l'emancipazione dalle violenze coerciti\•e dei dogmi furono invece le umanitario o gloriose ragioni precipue, che indussero i patrioti genuini d"allora alla presa di Roma. Talchè gli stessi patrioti affaristi di quel tempo - che sostennero l'impresa per ottenere ampliamento e assicuramento d'affari - ebbero bisogno di collocarsi dietro quei martiri genuini ed ammantare la loro patriottica speculazione con quel sublime con– cetto di emancipazione religiosa.. Parlare dunquo del 20 settembre come di solo com– })imento dell'unitb. della patria. - è avvilire quella data - è riconoscere fondate Io proteste di patita spo– liazione che il Jlonteftce non cesso. di faro - è ridurre quel ratto a. una. somplico conquista; osata contro un religioso sovrano debole di armati; non osata contro altri sovrani detentori di altre simili pàrti del terri– torio, perchò, essendo essi forti di armati, avrebbero rispost-0 altrimenti. .. ( 1) )la al se1•monatoro del Gianicolo non era. nocos– sario di accentuar questa. nota. Non occorrova di– mostrare cho la presa di Roma doveva essere in complesso la presa della Banca romana, dacchò i fatti clamavano più alto delle parole. Pt'Oprio in quei giorni che i patrioti dondolavano le lucide epe per le vie dolla capitalo redenta, la polizia raddoppiava le sue prode più ghiotkl. La Commissiono di Palermo assegnava al coatto alti-i qu attro valorosi dei nostri; a Ferrara ed altrove e1 ·a.un sm·ra1•0 cli chiavistelli allo spalle di numo- 1· ose fa langi di socialisti: nel Biellese si scioglievano Circoli operai; a Genova Circoli socialisti e Leghe elettorali i il supromo magistrato della Cassazione ribadiva l'esilio grottesco conll'o ventisei delin- quenti milanesi, nel cui novero siamo noi pure. A Venezia, Monticelli e Panobianco erano condan– nati per aver chiuso un discorso con le sedizioso parole: Viva tl socialismo! Qualun~ue partisse per Roma era pedinato: minacciavasi Porto E1"Coleai soci delle società che non mostrassero di unirsi spontaneamente al giubilo comandato i i sequestri di stampa si accumulavano ai sequestri: il telegrafo sudava per conto del Governo come in.giorni cli rivoluzione.A Onegliapenetravano nelle nostro caso private, corno briganti, e ce no cacciavano fuori, ghermendoci lo opere di Marx e <1uelle di Engels i poi, più protervi di Serse, sequestravano il libe1'0 mare. Baie trate, laggiù in Sicilia, era cinto di assedio notturno per staggirvi l'elenco dei compo– nenti una cooperativa E i miseri « condonati • dalla regia clemenza erano scortati in buona guardia alle loro case, febbricitanti per tre giorni di ugoli– niano digiuno. (1) 'l'utto ciò ha fremiti di tragedia. Ma è scritto che in Italia la farsa debba vincere sempre la tragedia ed il dramma. Chi ce lo paga, infatti, il ~lenotti Garibaldi, imbronciato prima per la mancata am• nistia, poi, il dl appresso, brindante con lagrime di commozione fraterna nelle braccia del dittatore? Pure anc,;he Menotti Garibaldi, che parL•ebbe in– vincibile, è vinto da qualcheduno. Raccogliamo anche quest'ultima briciola dell'orgia romana. Esce un libro d'occasione che tutte le gazzette borghesi fanno a gara a imbrodare cli lodi. Titolo: Come siamo entratt in Roma. Autore: quel ca– valiere Ugo Pesci che, da quand'era a :Milano al Con•fere della sm·a, è conosciuto pel pili legit– timista dei pubblicisti italiani. L'autore malleva pel libro: apologia, si può bene scommettere, di quella politica losca, di viltà gabellate per accortezze, che ci condusse a Roma e ci fece la pili spregiata delle uazioni. Or chi è il presentatore del libro! chi nella prima pagina lo raccomanda, come degno di studio, al popolo italiano ! Quello stesso che, non sono poi molti anni, « oh ! l'entrata in Roma! - scriveva -. Il Governo d'I– talia salì per la via trionfale come fos:;e la scala santa, ginocchioni, con la fune al eolio, facendo delle braccia. croce a destra e sinistra e gridando mercé: Non posso fare a meno, non posso fare; mi ci hanno spinto a calci di dietro! • E poco prima, quando non era ancora indetto il concorso nazionale, egli l"aveva pure scritto l'inno del venti settembre! Si intitolava il Canto dell'I· latta che va t,i Campidoglio: o ai giovani del no• stro tempo quelle strofe accapponavano la pelle. Ora chi più le ricorda 1 Zitte, zitte! Che è questo frastuono Al lume della. luna 1 Oche del Ca.mpidoglio,zitte! Io sono L'Italia. grande o una. Vengo di notte, perchè il dottor Lanzo. Teme i colpi di sole; Ei vuol tener la. debita osservanza In certi pa.ssi, e vuole Che non si sbracci in Roma da.signore Oltre certi cancelli. Deh ! non rate, oche mie, tanto rumore, Che non senta Antonelli. S'ell'ò por Brenno, o paperi, sprecato. È orma.i l a guardi a. Brava Io fui tanto o sottil, che sono entra.ta Quand'egl i se n'an da.\'a.

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