Critica Sociale - Anno IV - n. 19 - 1 ottobre 1894

200 CRITICA SOCIALE fra noi, saturi i glauchi occhi di una ma!inconia disperata, che pareva piit profonda e più acuta sotto il mite sorriso. Si erano sparsi nella Svizzera, nella Francia, nell'lnghilterra1 qualcuno penetrava in Jtalia. Ciascuno di 101·0 ci appariva come il simu– lacro vivente del martirio di un popolo. Sovente quei fuggiaschi avevano freddo, avevano fame. Assai giovani eravamo allora: aprimmo nei giornali amici una sottoscrizione per loro. Alla no– stra pietà risposo la pietà universale; da ogni parte, da ogni ceto ci arrivarono lettere di assenso e de– na1·0; parecchie migliaia di lire furono raccolte; ogni · offerta era incartocciata in una protesta. L'uomo, che oggi è a capo del governo, ci rispose anche lui, ma lui· non mandava denaro. Ci parlava di spedi– zioni a1·mate da tentarsi per liberare la Russia; ma lui non mandava denaro. Alla nostra giovanile impe1·izia parve allora un pazzo megalomane, ma sop,·atutto un odioso spilol'cio; parlava di fantastiche spedizioni armate, e intanto pei miseri, pei perse– guitati languenti di fame, lui non mandava denaro. Ci consolammo perché il denaro, che lui non mandava, affluiva da ogni altra via. V'era il soldo dell'operaio, v'era il biglietto rosso del ricco filan– tropo, v'erano gli scudi della borghesia libet'ale; questa esisteva ancora in Italia; e non manca.vano le offerte di uomini di parte moderata, larghi d'in– telletto e di cuore. Quante lagrime rasciugate, quanto balsamo sparso sulle sanguinanti ferite! Noi eravamo, allora, una nazione europea, una giovane nazione civile, o in via di diventarlo, la quale pro– testa,•a così contro la bat•barie; un paese che sen– ti\ra ancora le cicatrici delle oppressioni patite, e aveva in pregio la libertà, e il dispotismo in orrore; eravamo, volevamo essere un popolo. . .. È trascorso appena un decennio; ed è come se si fossero cancellati secoli di storia. D'un colpo, dato il controvapore, ci risospingemmo all'impazzata nel tremendo buio delle età inverosimili, che credevamo superate per sempre. Abbiamo a tutto rinunciato, tutto dimenticato! il bruciore delle cicatrici re– centi, l'orrore ciel dispotismo, le nostre glorie nazio– nali ed i nostri martiri. C'era una Russia in Europa; ora c'è la Russia e l'Italia. Mouravieff è calato fra noi. L'uomo, che vaneg– giava di spedizioni armate per affrancal'e dal giogo il grande popolo slavo, ecco, egli le compie per assoggettare le provincie d'Italia. Dall'estrema Si– cilia è salito mano mano, e traverso la fiorita To– scana ha invasa la Romagna, devastata l'Emilia, ha piantato gli accampamenti nella campagna cremo– nese, d'onde già. minaccia su Mantova; nell'industre Ligu1'ia semina disastro e terrore. E dovunque egli passa, Attila novello, do1•unque un suo proconsolo passa, ivi più non cresce erba nè fiore; ma dietro a lui è un gemito lungo di donne vedovate, un singhiozzo insistente di orfani, un brontolio cupo di impl'ecazioni, una vasta seminagione di odii e vendette che attendono impazienti di fruttificare. Bib ioteèa Gino Biarco Ha cacciato c~l frustino il Pa1·lamento, strappato il patto nazionale, sostituito il decreto alla legge, il soldato al giudice, e in ogni toga di giudice vuole un poliziotto che tremi, dettando la sentenza, di parer giudice ancora. Con una truffa immane, sper– giurando nel nome di Dio, ha cat'pito una legge contro la dinamite ed il pugnale, e la torce contro il pensiero. In nome di essa, dovunque un'alba di civiltà scendeva sulle misere glebe italiane, do– vunque l'operaio s'aduna, dovunque il contadino si chiude a inadeguata difesa, ivi penetra il birro, scioglie, disperde, ammanetta. Le armi della civiltà. sono strappate ai deboli che· speravano di elevarsi con esse, solo con esse; la spada di Brenno è get– tata sulle frodatrici bilancio dei contratti di lavoro; e sono provocati alla rivolta, aizzati alla guerra servile, con rabbiosa libidine di sangue e di carne. ficina. In ogni capoluogo sudano Commissioni ad allestire le listo dei nuovi proscritti; nuovi rego– lamenti si ponzano, in odio alle leggi, perché la proscrizione sia morte, e non paia. E non c'è va– lico di .\!pi dove non torni a risonare la dimenti– cata elegia del Romito del Cenisio, dove un fug– giasco, che cerca una patria fuori della patria, non s'incroci con l'altro che ritorna deluso, spinto dalla fatale nostalgia che lo richiama agli sbaragli, che lo richiama al volontario olocausto. E tutto ciò avviene l'i'a il complico silenzio, quasi diresti fra il plauso, di una gente morta all'ideale, morta alla pietà. Nata ieri, oggi incarognita. Gli è che l'immane assassinio fu premeditato e allestito con tutta l'accortezza di consumati masnadieri. Non per nulla avevano prima fornicato per ogni foro più immondo e volteggiato, abili ginnasti, sui pa– ragrafi del Codice penale. Così conobbero tutte le viltà e le comprarono tutte. E non solo la stampa, non solo la parola dei tribuni aggiogarono al proprio carro di trionfatori, ma persino la lagrima hanno battezzato delitto, apologia di delitto, e ce l'hanno impietrata negli occhi. Si, noi lo sappiamo, tutto questo è vano. Questo disonore di una nazione è gratuito. Compiono oggi (28 settembre) giusto trent'anni, dacché pochi so– gnatori fondavano in Londra l'Internazionale dei lavoratori Da quel giorno si è avanzati a passi di gigante. Ciòche deve avvenire avverrt.; quand'anche l'Italia socialis~, fosse somme,-sa, rimarranno l'Eu– ropa socialista, l'Ame1·ica socialista, l'Australia so– _cialista, e compiranno il destino. No, non sarà. un miserabile untorello che av,·à spiantata la storia. Al contrar·io. Questi rinnegati lavorano per noi; le foglie e i rami, ch·essi abbaftono, fecondano il te,·– reno e ringagliardiscono il tronco. Da Cristo a noi, non altro che questo insegna la storia. Ma, per essere idiota, non perciò diventa meno odiosa questa scatenata barbarie. Ed è ben triste per noi - creature di un'ora - mentre i nostri migliori compagni ci sono strappati dal fianco, con-' segnati all'aguzzino. e la vile canea reazionaria già guaisce insolente alle uostre calcagna - è ben triste dover assistere, le braccia incrociate, a questo scem-

RkJQdWJsaXNoZXIy