Giovanni Grave - La società morente e l'anarchia

- 260 - 11011 ha nulh di piacevole. A costoro noi consigliamo cli piegarsi alle esigenze dell:t societ:ì attuale, di cercar di farvi la cuccia, di non guardare dove mettono i piedi, di non aver scrupolo di schiacciare quelli che daran loro noia lungo il cammino. Ma questa gente non ha nulla a che fare con noi . . • * Invece, a coloro i quali pensano che non saranno veramente liberi se non quando la loro libert:\ non intralcier:i più quella degli altri, anche se più deboli; a coloro che non saprebbero essere felici se non sapendo che i loro godimenti non han costatO lacrime ad alcun diseredat0, ad essi noi diciamo che non v'è abnegazione alcuna da parte di chicchessia nel riconoscere che per emanciparsi bisogna lottare. Noi constatiamo questO fatto materiale che solo la applicazione delle nostre idee può liberare l'umanit:ì; spetta a questa il decidere, se vuole emanciparsi in una volta sola, interamente, oppure se dovrà esser sempre una minoranza privilegiata a profittare dei progressi che si vanno compiendo, a spese di coloro che muoiono di fatica producendo per gli altri. Saremo noi forse, che vedremo rifulgere l'aurnra della liberazione? Sarà la generazione presente, oppure la futura, o più tardi ancora? Non ne sappiamo nulla, e non c~ ne occupiamo. Saranno coloro che avranno avuto abbastanza energia. e cuore e risoluzione di voler esser liberi, quelli che sapranno arrivarvi. B lio!eca G110 8 ..:1cro

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