Giovanni Grave - La società morente e l'anarchia

- 223 - Regolare, - a favore dell'operaio, - i rapporti fra .;apitale e lavoro, ottener d1e si lavori otto ore invece di dodici, sembra a prima vista un enorme progresso, e non c'è da meravigliarsi che molti ci credano e· impieghino tutte le loro forze a ottenere questo palliativo, credendo di lavorare così all'emancipazione della classe proletaria. Nel capitolo su l' Autoritd abbiamo già visto che questa non ha che una funzione: difendere l'ordine di cose esistente. Perciò, domandare d,e lo stato intervenga nei' rapporti sociali tra capitale e lavoro, significa far prova della più grande mancanza di logica, poichè il suo intervento non può fare a meno di essere favorevole a colui di cui è il difensore. Studiando la riforma sulle imposte, abbiamo notato che l' ufficio del capitalista consiste nel vivere alle spalle del produttore; ora, è un burlarsi indegnamente dei lavoratori, il consigliarli di andar a domandare ai borghesi di diminuire i propri guadagni, quando usan di tutti i mezzi per aumentarli. Per ottenere sem,plici cambiamenti politici, che non avevano neppur lontanamente una tale importanza, ci sono volute delle rivoluzioni. Se la giornata di lavoro fosse ridotta ad otto ore, dicono i difensori di questa riforma, ciò farebbe diminuire la disoccupazione, che proviene dalla sovrabbondanza di produzione; tutti lavorerebbero, e ciò permetterebbe poi agli operai di farsi aumentare i salari. A prima vista questo ragionamento sembra logico; ma nulla di più falso, se ci si rende conto dei feno- .3 li1_..__ .3 __,in 81 ne,,

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