Giovanni Grave - La società morente e l'anarchia

- 221 Quali che sicno i sofismi con cui gli economisti borghesi hanno tentato coi loro sistemi di giustificare l'esistenza del capitalismo, è ben certo che il capitale non si riproduce da sè e non può essere che il prodotto del lavoro; ora, siccome i_capitalisti non lavorano, il loro capitale è frutto del lavoro altrui. Tutto il commercio da individuo a individuo, da popolo a popolo, tutti gli scan)bi e i trasporti, sono conseguenza del lavoro cd un lavoro essi stessi; il beneficio che viene agli intermediari è la decima strappata dai possessori del capitale al lavoro dei produttori. Forse che la terra produce il grano, i legumi e le frutta per nutrirci, in virtù del danaro speso? La canapa ed il liuo di cui ci vestiamo, le pasture per ingrassare gli animali di cui ci nutriamo sono fertili, forse in ragione del prezzo che si è loro attribuito? Forse è il capitale soltanto che estrae dalle miniere i metalli che servono all'industria, a fabbricare gli strumenti e gli utensili che ci sono necessari? È il capitale che trasforma la materia prima in oggetti di consumo? Chi oserebbe pretendere e sostenere tutto ciò? La stessa economia politica, che ha per scopo di attribuir tutto al capitale, non va fin là; essa tenta soltanto di dimostrare che il capitale, essendo indispensabile per l'esegui mento di ogni lavoro, ha diritto ad una parte, - la più forte, - per i rischi e le alee che è costretto a correre in ciascuna intrapresa. Per provare l' inutilita del capitale, ci si permetta ripetere l'ipotesi detta tante volte. Immaginate la s~otnpars:, di ogni valore monetario, oro, argento, bi8 bit t:Ca o

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==