Giovanni Grave - La società morente e l'anarchia

- 215 - impaccio n_ella lotta, è che, vedendo appunto questa éacofonià d' idee e di sforzi, disperando di veder forn1arsi una forza suAìciente per fare la rivolu2ione, trattano di metafisica ogni approfondita discussione delle idee; e non trovando in mezzo a noi le forze che credono poter ras:cogliere altrimenti, ritornano ai mezzi autoritarii che credono di aver spogliato di ogni autorità, solo perché ne han cambiato i nomi. Impazienti di lottare, costoro non si accorgono che, in apparenza isolati, gli sforzi dei combattenti convergono medesimamente verso lo stesso scopo; e che manca a questa coordinazione solo di essere ragionata, per averne tutta la forza che essi vogliono darle. E non si accorgouo che ciò si potrà ottenere solo propagando di più le idee. 1 oi vogliamo, dicono questi compagni, quando uno dei nostri ci promette il suo s:onrnrso, poter contare su lui e che sotto pretesto di libertà, di autonomia individuale, non venga a mancarci di parola quando il giorno dell'azione sia venuto. Noi siamo della stessa opinione di questi compagni; ma pensiamo che tocca alla propaganda di mostrare agli individui che non devono impegnarsi a ciò che non sono certi di poter mantenere, e che, una volta impegnatisi, è dovere d'onestà mantenere le promesse. Rimane sempre in piedi la questione della lotta contro le idee dissolventi cui abbiamo alluso più sopra; ma, ancora una volta, spetta alla propaganda il dimostrare l'efficacia di una intesa e di una confidenza completa fra compagni. Che potrebbero mai fare tutti llotecaGinoBianco

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