Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia

154 CONCLUSIONE. in condizione da mettersi al paro colle altre contl·ade di Europa, per entrare nell'uni versai movimento. Sarebbe la prima volta a tornarc i utile la imitazion forestiera in questa parte! Allora il fati - coso ti1·ocinio, che al resto di Europa costò tre . secoli di sventure, a noi non saria costato che tre anni di palpiti: acquisteremmo ros! un nuovo titolo a quella preminenza che Iddio graziosamente ci accordava, e della quale noi ci stiam mostrando pur troppo indegni ! Ci è dolce bearci di questo pensiea·e! è come il sogno del prigioniero che pa·egustando i puri diletti dell' ada campestre e del domestico tetto , sente men pesanti i suoi ceppi e meno amare le sue privazioni. D' altra parte considerando il poco che ci vorrebbe per oUenel'lo, ci voryem dare a credere che quello non è un sogno, ma una speranza. E che ci vorrebbe egli finalmente? niente al - ta·o salvo che la maggioranza, entrando animosamente nel pieno esercizio dei suoi ·diritti, si facesse argine aW anarchia , comprimendola con tutti i mezzi legali ed onesti che ha in suo potere. Di questo contegno sarebbe frutto infallibile una vera libertà cittadina , ed una piena indipendenza dell a Chiesa. Più di questo non ci vorrebbe perchè l'Italia fo sse sa lva. Una vera libertà cittadina acqueterebbe la parte onesta dei nostri popoli , e nou lascerebbe nelle schiere demagogiche che le passioni bollenti e l a ignoranza. A que ste porterebbe rimedio quell a

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