Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Ricordando Antonio De Viti De Marco donava ad un estro umonst1co sqms1to, raccont~va aneddoti ·divertenti e caratteristici di situazioni economiche e politiche, sorrideva degli errori da lui commessi, prevedendo che ne avrebbe commessi altri, sempre pronto a guardarvi negli occhi con quella sua aria maliziosa, arrestarvi con la mano e farvi don1~nde che vi obbligavano a veder chiaro in voi stessi. Credo che una fra le ragioni, che favorirono il sorgere e il cementarsi della nostra amicizia, fu il fatto che io, pugliese come lui, nell'esame della questione meridionale, mi ero messo per conto mio sullo stesso terreno, su cui egli aveva per anni camminato senza trovare quasi nessuna compagnia. La tragedia di uomini come De Viti e Fortunato fu quella di rifuggire dalla retorica, dalla letteratura e dalle nuvolaglie filosofiche di Giordano Bruno, Giovan Battista Vico e tanti altri grandi filosofi che hanno rovinato la coltura dell'Italia meridionale. Un uomo, che parlava di imposte e di tariffe doganali, a gente che detestava informazioni concrete e le abitudini del chiaro ragionare, e aveva il suo idolo in Giovanni Bovio - che Dio l'abbia in gloria - era come se suonasse un pezzo di Beethoven innanzi ad una platea di sordi. De Viti trovò in me qualcuno, col quale poter discutere le questioni che gli stavano a cuore, col solo metodo che egli riteneva appropriato. Quando sorse il settimanale l'Unùà, sulla fine del 1911, De Viti ne divenne collaboratore assai apprezzato. Non era scrittore facile. La sua forma assai densa, non era sempre immediatamente chiara. Era come una noce dal guscio duro: bisognava romperla, a volta con fatica, per gustarne il frutto. Nel leggere i suoi manoscritti, io mi mettevo dal punto di vista di un operaio, magari di un contadino analfabeta -, convinto che essi avevano il diritto di .capire, se noi volevamo essere democratici per davvero, e non sacerdoti di riti arcani. E gli rimandavo i manoscritti tempestati di domande di schiarimenti e proposte di chiarificazioni. Ho conosciuto molti uomini i quali non consentono per i loro capolavori che un entusiasmo incondizionato. Guai a dir loro che sarebbe bene cambiare una parola per fare piu evidente il senso o piu semplice la dicitura. De Viti non prendeva mai cappello. Esaminava le proposte obiettivamente, accettava le correzioni, o le rifiutava, o correggeva meglio, e ringraziava con una affettuosa semplicità. Quel settimanale, che specialmente nei primi anni trattò continuamente problemi meridionali, non ebbe che mille abbonati - quasi tutti settentrionali. - L'Italia meridionale non dava che un centinaio di lettori. Era un deserto. I socialisti del nord erano indifferenti od ostili, salvo alcuni generosi come Morgari e Bissolati. Gli "intellettuali" del sud non capivano niente, salvo naturalmente, anche qui, poche eccezioni - neanche le dita di una mano. Per l'Italia meridionale, piu che per ogni altro paese, si dicevano "intellettuali" coloro che nella scuola erano stati istruiti al disopra della loro intelligenza. Ho l'impressione che da allora ad ora, le cose siano cambiate in meglio - ma non troppo. Ci è voluto piu di mezzo secolo· per demolire la leggenda funesta - 91 Bibloteca Gino Bianco

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