Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Appendice l'annessione della Dalmazia, richiesta dai generali dello Stato maggiore per accrescere gli organici, avrebbe reso molto piu costosa e difficile la difesa del territorio nazionale ... era necessariamente un "rinunciatario"; anzi il "rinunciatario" per antonomasia. La impopolarità che Salvemini raggiunse in certi momenti - specie negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale - credo che non sia mai stata raggiunta da nessun altro uomo politico italiano. La prima volta che notai per la strada la sua strana figura (indossava allora un "pipistrello" nero, passato da parecchi anni di moda, che neppure i fiaccherai portavano piu, e il cappellino a pan di zucchero dei contadin~ pugliesi) fu nel 1919, mentre mi trovavo in tranvai; un energumeno si sporse tutto dallo sportello della piattaforma per urlargli in faccia l'insulto: "Rinunciatario!" Con questo titolo Salvemini è stato conosciuto da tutta una generazione di "patrioti"; anche da quelli che non avevano mai letto il suo nome su Magnati e popolani in Firenze e sulla Storia della rivoluzione francese. Nonostante la severità dei suoi principi morali, che non ammettevano compromessi di alcun genere a vantaggio del suo "particulare" e ben poco spazio lasciavano al riposo ed agli svaghi, Salvemini era un compagno socievole, allegro, sempre pronto alla battuta scherzosa. Rideva di tutto cuore, come un bambino, quando gli raccontavano una buona barzelletta. Fra le poche lettere che ho salvate di lui, ne ho trovate due che mi scrisse nel 1923 dall'Inghilterra, dove si era ritrovato con Carlo Rosselli. "Rosselli ed io - scriveva il 23 agosto - abbiamo passato a Hindhead tre settimane incantevoli. Rosselli fece furore nel mondo femminile; ma credo che non sia arrivato mai al di là delle spese minute. Io, da quel povero vecchierello che sono, non mi lamento. Eravamo in concorrenza per la piu bella signora della comunità: una irlandese giunonica, vedova di guerra, fra i 35 e i 40 anni, veramente bella e deliziosa pianista e cantatrice, che [ ... ] ci serviva a tavola: perché il servizio era fatto da studenti di Cambridge e di Oxford, da professori di scienze e lettere, artisti e altri simili ingredienti. Dunque, Rosselli ammirava quella signora very much; e io anche. Rosselli si lancia all'attacco con baldanza giovanile. Io zoppicavo alla retroguardia. L'ultima sera ci invitò entrambi a fare una passeggiata al chiaro di luna. Rosselli era aggressivo: io taciturno. Alla fine la bella dichiarò che io le piacevo di piu. Disastro irreparabile I Rosselli ci pianta e se ne va. Io rimango unico padrone delle acque. Quel che successe allora nella solitudine, in presenza della sola luna, non posso dirlo [ ...] perché non successe niente. Le donne inglesi sono come l'Italia: non succede mai niente, e non dura mai niente." E in una lettera successiva, dopo aver detto che "se non fosse stato suo fermo proposito di non lasciar l'Italia finché non ci fosse stato costretto, e finché non avesse potuto dire a se stesso - qualunque cosa accadesse - che ci era stato costretto," invece di tornare a Firenze, dove certo non avrebbe potuto riprendere la sua vita di studio e di insegnamento, sarebbe rimasto a Londra, magari "a fare il lustrascarpe o a suonare il clarinetto per le vie," continuava: "Tu mi dirai: come faresti a suonare il clarinetto? - Niente paura, ti rispondo. Qui puoi fare tutto quello che vuoi. Un clarinetto, peggio lo suoni e piu la gente ha pietà di te, come di un disgraziato incapace a guadagnarsi la vita, e ti !ascia un penny nel piattino." Qualche anno fa aveva scritto una lettera a Il Mondo, in cui proponeva, per la utilizzazione degli immobili già appartenenti alle organizzazioni fasciste, una soluzione antistatalista che trovavo irrealizzabile. "Mi sembra," osservai, "una di quelle proposte che facevano spesso gli anarchici, miei compagni di carcere o di confino. Bravissima gente, che stimavo molto e di cui condividevo quasi tutti gli ideali, ma a cui rimproveravo di mancare di senso storico. Lo stesso non posso certo dire di te, che fai da tanto tempo lo storico di professione." "A me," replicò pronto Salvemini, "non manca il senso storico: manca il senso comune." Ridemmo insieme. Ma ora, a ripensarci, riconosco che, scherzando, diceva la ve963 BiblotecaGino Bianco

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