Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Appendice sto che parlare della Libertà con la "L" maiuscola, valida in tutti 1 tempi e in tutto il mondo, preferiva parlare delle singole libertà: la libertà di stampa, la libertà di associazione, la libertà di sciopero, in tale anno, in tale paese. Non contrapponeva mai il proletariato in blocco alla borghesia in blocco. Distingueva la borghesia in gruppi, a seconda della diversità degli interessi, della potenza, della funzione sociale. E, contro la concezione mitica della "unità del proletariato," rilevava che i lavoratori settentrionali hanno interessi contrari a quelli dei lavoratori meridionali; i lavoratori delle campagne hanno interessi contrari a quelli dei lavoratori delle città; gli operai delle grandi industrie parassitarie hanno interessi contrari a quelli degli operai che vivono fuori della zona del privilegio, e fanno anche causa comune con gli imprenditori e i capitalisti delle industrie in cui sono occupati, per meglio sfruttare la popolazione rimanente. Alle teorie generali, ai "sistemi," preferiva lo studio dei problemi concreti, definiti in modo da poterli bene afferrare in tutti i particolari: suffragio universale, tariffa doganale, perequazione tributaria, edilizia scolastica, indipendenza della magistratura. Quando, l'anno scorso, tenemmo a Roma un convegno degli "amici del Mondo" sul problema della scuola, criticò l'ampiezza eccessiva del tema. Sarebbe stato meglio se avessimo messo in discussione la scelta degli insegnanti, oppure l'ordinamento degli esami, oppure il controllo sulle scuole private. Discutere sulla riforma della scuola in generale era come discutere sulla riforma sociale. Chi troppo abbraccia niente stringe. Il fatto poi che persone di diversa provenienza arrivassero alle stesse conclusioni richiamandosi a teorie positivistiche o a teorie idealistiche, al liberismo o al socialismo, al cristianesimo o al laicismo, aveva per lui scarsa importanza. Importante era che si mettessero d'accordo su soluzioni pratiche da valere per qualche anno, su particolari problemi concreti. Nei primi tempi della nostra amicizia, discutendo sul socialismo, un giorno gli dichiarai che non avrei mai potuto entrare nel Partito socialista perché ritenevo infondata la teoria del plusvalore, sulla quale Carlo Marx aveva costruito tutto il suo sistema. "E che te ne importa del sistema? - replicò Salvemini. -· Guarda se le Camere del lavoro, le cooperative, i deputati socialisti hanno fatto e possono fare ancora qualcosa per migliorare le condizioni di vita della povera gente. Giudicalo su questo il socialismo; non sulle ideologie. Il Capitale l'hanno letto in Italia qualche diecina di persone, e ben pochi l'hanno capito, anche se migliaia di socialisti giurano nel verbo 'scientifico' di Marx." "Al suo rientro in patria dagli Stati Uniti, in un diario in cui ogni sera riassumeva le conversazioni avute durante il giorno, per informarsi sulla situazione politica italiana, in. data 5 agosto 194 7, annotava: "Si è discusso di socialismo, marxismo e generi simili. Io ho detto francamente che ormai credo solo in Critone di Platone e nel Di'scorso della Montagna. Questo è il mio socialismo, e me lo tengo inespresso nel mio pensiero, perché a esprimerlo mi pare di profanarlo. Cerco di esprimerlo meglio che posso nelle opere. Affrontare problemi concreti immediati, seguendo le direttive di marcia dettate dalla morale cristiana, e non perdere tempo in disquisizioni teoriche su che cosa è, che cosa dovrebbe essere, che cosa sarà la democrazia, il marxismo, il socialismo, l'anarchia, il liberalismo, che se ne vadano tutti quanti a casa del dia~olo. Berdere il tempo a pestare l'acqua nel mortaio delle astrazioni è vigliaccheria; è evadere ai doveri dell'azione immediata; è rendersi complici della conservazione dello statu quo." Nell'Italia dell'" elmo di Scipio" e dell'" arma la prora e salpa verso il mondo," un rompiscatole come Salvemini, che opponeva alle sagre le statistiche e voleva che gli scarsi mezzi disponibili, invece che alle erl!>iche avventure, servissero a costruire str~d~, acq~edotti, fogne, case popolari, a combattere l'analfabetismo, ad aiutare gli ult1m1 strati della popolazione a sollevarsi dalle loro condizioni di vita bestiale· un . ' rompiscatole che dimostrava, con dati inoppugnabili, che la Libia non era una terra p~omessa, quale era decantata dai giornali dei siderurgici e degli affaristi del Banco d1 Roma, ma uno "scatolone di' sabbia," in cui non avrebbe potuto trovar lavoro la nostra mano d'opera esuberante; un rompiscatole che, sulla sua Unità, spiegava che 962 BiblotecaGino Bianco

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