Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Appendice Un uomo che vemva dai campi; non dai salotti letterari. E, come Socrate, chi l'apriva trovava dentro i piu preziosi simulacri degli dei. Con l'aiuto di una memoria prodigiosa e sul fondamento di una ~astissima cultura umanistica - di cui aveva fatto midollo delle sue ossa e sangue del suo sangue - Salvemini afferrava con straordinaria prontezza· i rapporti fra le idee piu lontane e ne deduceva le conseguenze implicite con un rigore logico· che non lasciava alcuna incrinatura all'equivoco. Chiarezza equivaleva veramente per lui a onestà: Si dava sempre cura di mettere bene in luce i primi principi, i presupposti non logici, dei suoi ragionamenti. L'interlocutore li poteva anche rifiutare, dichiarando una diversa scala di valori. Salvemini era l'uomo piu tollerante del mondo: ammetteva che altri guardasse gli avvenimenti da punti di vista anche opposti ai suoi. Ma non discuteva per il gusto di chiacchierare; discuteva per convincere, o per essere convinto, e sapeva che non è possibile intenderci se non si parla lo stesso linguaggio. A chi rifiutava le premesse del suo ragionamento chiedeva solo di prender coscienza di quel che significava tale rifiuto, e di trarne le conseguenze fin in fondo, conformando l'azione al suo pensiero. (L'ateismo di Salvemini, ad esempio, non gli impediva di avere il piu grande rispetto per le persone religiose, ma, per essere religioso, bisognava dimostrarlo con tutta la vita; non solo biascicare giaculatorie in chiesa.) Se il suo interlocutore accettava - anche solo come ipotesi provvisoria, come strumento di lavoro - di agganciare il primo anello dei sillogismi al suo medesimo arpione, era condotto alle sue conclusioni, dalla medesima necessità che porta chi accetta i postulati della geometria euclidea a consentire a tutti i teoremi che vengono da essf dedotti. L'insegnamento di Salvemini non era mai dogmatico: sua preoccupazione era quella di formare lo spmto cntico piu che di accrescere le cognizioni nei cervelli dei discepoli. Voleva, come Socrate, essere solo l'ostetrico, che aiuta a mettere alla luce la verità: la verità che ognuno porta dentro di sé. Parlando con un giovane, non profittava mai della sua superiorità per chiudergli la bocca; cercava, invece, di trovare nei suoi discorsi quel che c'era di buono, da prendere sul serio. "Tu hai voluto dir questo, non è vero?" domandava. Ed anche nella melma delle idee piu confuse riusciva sempre a setacciare qualche pagliuzza d'oro. Il giovane riconosceva che quella pagliuzza era d'oro. Il giovane riconosceva che quella pagliuzza era sua, ed acquistava fiducia in se stesso. A poco a poco imparava a non accogliere nessuna afferma•zione, venisse dal Padreterno, senza sottoporla al vaglio della propria ragione; imparava a domandarsi a cosa servono le consuetudini e le istituzioni esistenti, anche le piu venerande; imparava a battere con le nocche sull'intonaco delle parole per sentire quel che c'è dietro: il gesso, la pietra viva o il vuoto; imparava ad impostare i problemi nei loro giusti termini, senza lasciarsi deviare dalla passione; imparava a definire il significato dei vocaboli e a tenerlo fermo fino in fondo al discorso; imparava a non vergognarsi di· ripetere mille volte che non capiva, anche quando tutti assicuravano di aver capito. Imparava ad essere non conformista. Anche Salvemini sapeva che non è possibile far completamente a meno delle parole astratte e delle teorie generali; ma cercava di ridurre il piu possibile il loro campo di applicazione. Non poteva sopportare i fabbricatori di sistemi, che volteggiano sul trapezio degli "universali," convinti di dire cose tanto piu profonde quanto piu riescono incomprensibili al volgo profano. Il prototipo di questi "filosofi" era, per lui, Giovanni Gentile. "Il suo cervello è come un filtro alla rovescia," ho trovato in suoi vecchi appunti. "Se ci versate dentro delle idee chiare ne escono torbide. Se ponete a Gentile una domanda e lui vi risponde, non riuscite piu neppure a capire la vostra domanda." Invece di presentare il Popolo, il Progresso, la Democrazia, la Rivoluzione come protagonisti della Storia, Salvemini cercava di capire che cosa avevano pensato, che cosa avevano voluto, i singoli personaggi: Tizio, Caio, Sempronio, figli di quei dati genitori, allevati in quel dato ambiente, che esercitavano quel dato mestiere. Piutto961 BiblotecaGino Bianco

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