Un ambasciatore indiscretd La Stampa (13 marzo 1954) ci fa sapere che un inviato del Washington Post ha interrogato "i funzionari americani a Roma, inclusi quelli importanti'" sui modi migliori con cui combattere in Italia il comunismo. Nuove elezioni sarebbero pericolose. D'altra parte, la coalizione fra la Democrazia cristiana e minori e minimi non potrebbe sottrarre i nenniani al "mortale abbraccio" dei comunisti. Non resta dunque alla Democra- . zia cristiana che "cercare alleati anticomunisti verso le destre" cioè "allearsi coi monarchici, l'unico partito che possa dare la garanzia di una solida maggioranza per la CED." Ogni giornalista ha il diritto di pensare e scrivere quel che gli pare e piace sull'Italia, sugli Stati Uniti, sulla luna, sulla stella Sirio. L'inconveniente comincia quando il giornalista parla a nome di funzionari americani a Roma "inclusi quelli importanti." Costoro non hanno nessun diritto di intervenire negli affari domestici italiani, neanche per cercare i mezzi di garantire una solida maggioranza alla CED. Gli italiani non sono diventati ancora giuridicamente vassalli del Governo statunitense: quindi è loro lecito fare tutte le corbellerie che vogliono salvo a pagarl~ piu o meno salate quando ne maturino i frutti. Si capisce che la situazione giuridica non sempre corrisponde alla situazione di fatto. Nessun popolo può fare quel che gli pare e piace. Anche il popolo piu potente della terra deve tener conto delle forze che lo favoriscono e lo contrastano: cioè non è del tutto indipendente. Ma altro può essere l'atteggiamento di un popolo giuridicamente sovrano verso un popolo vassallo; e altro deve essere quello di un Governo che tratta un popolo non giuridicamente vassallo, anche se questo di fatto non può non tener conto di quanto si pensa nell'altro Paese. Il popolo italiano non può non badare a quello che si pensa sul suo conto nelle sfere dirigenti degli Stati Uniti; ma non è un vassallo, al quale "i funzionari americani in Roma, inclusi quelli' i·mportanti" possano dare i loro ordini, sia pure attraverso corrispondenze di giornali. Chi scrive desidera con tutto il cuore buone relazioni fra gli Stati Uniti e l'Italia, perché le crede utili agli Stati Uniti e indispensabili all'Italia. Ma appunto per questo vorrebbe che i funzionari americani in Roma, e specialmente quelli importanti, imparassero un poco piu di quel "saper fare," che è, a quel che pare, l'abbid del buon senso. C'è da temere che fra quei funzionari importanti si trovi precisamente l'ambasciatore, Mrs. Luce,2 in persona. Alla vigilia delle elezioni, che dove1 Da "Il Ponte," maggio 1954,.p. 836, a firma "G. S." Riprodotto in Italia scombinata, cit., pp. 316-317. [N.d.C.] 2 Clara Booth Luce, nominata ambasciatore degli Stati Uniti d'America a Roma nel 1953. [N.d.C.] 936 BiblotecaGino Bianco
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