Frammenti di · vita italiana eia piu lunghe si adopera meglio che può. Bisognerebbe che nel Nord e nel Centro d'Italia gli uomini come Zanotti fossero molti. Quanti sono? Molti o pochi che siano, ognuno faccia quello che deve e quello che può. E ricordiamoci che da che mondo è mondo sono i meno che tirano . . , 1 p1u. I servi della gleba1 Sulla Stampa del 29 dicembre 1953 sono descritti i tormenti 1n1qm ed inumani cui sono soggette povere donne sorprese senza foglio di via fuori della città dalla quale non debbono allontanarsi. Si tratta, quasi sempre, di povere ragazze, servette, commesse, infermiere disoccupate; spesso ancora oneste; dinanzi al giudice sbigottite; mescolate ad anziane peripatetiche, a repugnanti accattoni; straccetti stinti e paesani, volti di miseria, rastrellate con una solerzia degna di miglior causa. Contravventrici al foglio di via. Invano spiegano al pretore le ragioni del loro passaggio, o del loro arrivo in città da nativi paesi dai quali spesso la famiglia, e la disoccupazione le costringono a partire, e a ripartire. Piu triste, piu ingiusta della stessa condanna è questa necessità per un italiano di "motivare" la sua presenza in Italia. Un avvocato le difende d'ufficio, senza neppure guardarle, rimettendosi sommessamente alla giustizia del pretore. Il pretore, senza neppure guardarle, le condanna a un mese di prigione, pena tariffa. Dal carcere usciranno con vesti ed anima a brandelli: pregiudicate, già note ai pattuglioni di polizia, che non le perderanno piu di vista. È incredibile il numero di agenti che la "giustizia" sguinzaglia sul tristissimo cammino di queste donnette da quattro soldi. Questa infamia risale ad una legge fascista, che pretendeva di proteggere le città dall'afflusso dei disoccupati rurali, e di perpetuare nelle campagne idilliche le virui della vita agreste. Né uomini né donne possono lasciare una sede per un'altra senza un permesso della polizia ed una carta di soggiorno buona per il solo luogo dove la polizia consente loro di andare. Gli italiani maschi e femmine, se poveri diavoli, sono servi della gleba. Quanto costi a molti disgraziati un foglio di carta che lo liberi da una gleba per incatenarlo ad una altra, in "diritti casuali" pagati a chi rilascia il permesso e all'intermediario che lo procura, solo il cielo sa. Mentre l'italiano non può muoversi da Udine a Torino senz'andare in prigione, i governanti, i politicanti, i giornalisti di tutti i partiti domandano a gran voce che gli altri Paesi aprano le porte alla emigrazione italiana. Non farebbero meglio se domandassero l'abrogazione immediata di quella bestiale legge fasci$ta che ristabiH in Italia la servitu della gleba? 1 Da "Critica sociale," 20 gennaio 1954, p. 21, a firma "Gaetano Salvemini." [N.d.C.] 928 BiblotecaGino Bianco
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