Frammenti di vita italiana pevoli. Pochi mesi dopo uno dei due colpevoli dichiarò al confossore che il terzo condannato era innocente e gli consenti di fare conoscere la sua confessione dopo che fosse morto, il che avvenne il 4 gennaio 1937. Il sacerdote eseguf allora il mandato, ma la sua attestazione non arrivò mai al ministro di Grazia e Giustizia: cosf passarono 16 anni, mentre l'innocente rimaneva in galera. La revisione del processo ha luogo oggi, non in base all'attestazione del sacerdote, ma per merito di un avvocato, il quale, presa a cuore la sorte dell'infelice, è riescito a dimostrare la sua innocenza. Il fatto nuovo (o, piuttosto, tutt'altro che nuovo) nel processo di Arezzo è che il maresciallo dei carabinieri di Tavernelle cominciò con · l'arrestare tre poveri diavoli, fratello, sorella e cognato, che furono tenuti in carcere per sette mesi (dico sette mesi) e, pur non essendovi prove a loro carico, furono scarcerati solo quando il maresciallo presentò arrestati al giudice istruttore il Briganti ed il Tacconi. Codesto maresciallo, avendo appreso da un prete che questi due erano passati per Tavernelle, provenienti il primo dalla Germania, dove era stato prigioniero di guerra a Mauthausen, ed il secondo da Genova, li mise al posto degli altri tre e "fece" loro sottoscrivere un verbale nel quale i due si accusavano di tutto quanto egli supponeva fosse avvenuto fra loro e le due donne. Uno dei due disgraziati confessò di avere usato un coltello trovato in cucina, mentre una perizia necroscopica, fatta oggi soltanto, ha accertato che non fu usata alcuna arma da taglio; i pani trovati sul luogo del delitto provenivano dal Sud (Umbria), mentre essi provenivano dal Nord; una borsa, che uno dei due disgraziati diceva di aver portato a Genova e qui l'aveva gettata nel Bisagno, era stata invece mandata in archivio e dimenticata qui dopo essere stata repertata nella casa del delitto; il randello, che si era fatto loro dire che l'avevano ricevuto da un compagno di viaggio (che al processo lo escluse in modo assoluto), era stato preparato, come ho detto, vicino ad Assisi; una donna che aveva dichiarato di aver veduto i due giovani provenire dal Nord anziché dal Sud, come era narrato nella estorta confessione, non fu creduta ed anzi fu schiaffeggiata dal maresciallo: e costei lo affermò alla pubblica udienza. Ma i due giovani furono tuttavia condannati, l'uno a 24 e l'altro a 22 anni di galera. E fra l'altro furono anche condannati per càlunnia a carico del maresci~llo dei carabinieri per aver detto che li aveva costretti a confessare. Oggi la loro innocenza è venuta alla luce. Ma i sette anni e mezzo piu belli della loro vita, passati in carcere, chi li riparerà? Possibile che le vittime degli errori giudiziari non debbano essere indennizzate per i danni sofferti? In tanto trionfo di azioni cattoliche, democrazie cristiane, liberalismi, socialismi, comunismi, ecc. ecc., nessuno penserà mai al dovere di riparare questo genere di ingiustizia? Non basta: deve continuare in Italia la pratica di estorcere confessioni dagli accusati a furia di maltrattamenti criminali? Non solo: . e deve ancora continuare il vezzo di credere alle confessioni fatte in guardina e di non credere mai invece alle discolpe, anche quando vi siano dei fatti che dimostrano la falsità della 922 BiblotecaGino Bianco
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