Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Pasquale Villari dell'Italia, 1n tanto splendore di arti e di scienze, lo colpisce di tragico terrore. Quel secolo lo descrive nelle sue molteplici ·attività, raggiungendo spesso una grande efficacia di rappresentazione; ma ogni unità in quelle manifestazioni contraddittorie gli sfugge: non può comprendere, perché non può amare. E la unità nazionale, costituita coi metodi preconizzati dal Machiavelli, non sa né respingerla, né accettarla. Egli è continuame~te a domandarsi: fu un uomo onesto, fu un disonesto? questo gigante del pensiero fu, dunque, un mostro morale? Siffatta inquietudine - non storica - lo paralizza anche nella soluzione del problema storico. Gli sfugge, per esempio, quello che è il nodo centrale del pensiero politico del Machiavelli: la distinzione fra lo "Stato sano," in cui le istituzioni domano e disciplinano la perversità naturale degli individui, e la legge morale può essere norma di condotta a governanti e governati; e lo "Stato corrotto," in cui gli egoismi individuali hanno rotto ogni freno di legge, e nello sfacelo di tutte le istituzioni lo Stato diviene incapace di difendere la sua indipendenza contro gli Stati vicini; e allora - e l'Italia del '500 è il piu miserabilmente corrotto di tutti gli Stati - unica via di salvezza è per la Nazione la comparsa di un uomo, che ricostituisca il vigore della organizzazione politica, con quei mezzi, che la corruzione e la perfidia universale consentono, affinché la Nazione si salvi e nello Stato, ridivenuto "sano," possano riprendere dominio su governanti e governati le norme della legge morale.3 E la insoddisfazione, che lo turba per la mancata soluzione e del problema storico e del problema morale, si manifesta anche nella struttura letteraria del libro, in cui la cornice della storia dei tempi non è né proporzionata né coordinata con quello che dovrebbe essere il vero e proprio quadro, la vita e il pensiero del Machiavelli. L'opera, insomma, è mancata, non solo come opera di storia, ma anche come opera d'arte. Felicissima, invece, è la posizione intellettuale e morale del Villari innanzi ai Primi due secoli della Storia di Firenze. Per studiare questo argomento, il Villari non aveva che un materiale frammentario e poverissimo di cronache e documenti. Ma alle lacune delle fonti storiche suppliva l'alta attitudine sintetica dell'ingegno. E l'ingegno era sorretto e quasi moltiplicato da una simpatia calda, incondizionata. Si trattava qui di comprendere l'ascensione del popolo nostro dalla barbara disorganizzazione feudale a quella potente civiltà artigiana e democratica dei nostri comuni, forte e gentile primavera dello spirito, che vide pensatori come S. Tommaso, e poeti come Dante; produsse il Cantico delle creature e gli Ordinamenti di giustizia; elevò le navate di S. Maria del Fiore e la mole del palazzo della Signoria. L'ammirazione non si elideva, in questo caso, con la curiosità: la curiosità soddisfatta rendeva piu viva l'ammirazione. E in un magnifico slancio di pensiero e di simpatia, il Villari creò 3 ERCOLE, Lo "Staton nel pensiero di N. Machiavelli, negli Sudi economici e giuridici della R. Università di Cagliari, voi. VIII (1916), e voi. IX (1917). 63 Bibloteca Gino Bianco

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