Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Pasquale Vi/lari lestrato nell'Italia della fine del secolo XV, a lottare contro tutte le correnti intellettuali e morali del Rinascimento e a naufragarvi miseramente, il Villari resta affascinato e interdetto. Nell'Italia del Rinascimento, che dà Leonardo e Michelangiolo, Machiavelli e Ariosto, e prepara Giordano Bruno e Galileo, il Savonarola è un ritardatario e uno spostato: quell'Italia egli la maledice e ne viene stritolato. Ma quest'Italia è anche il paese di Alessandro VI e di Ludovico il Moro, moralmente pervertito e politicamente disorganizzato, fatto preda e ludibrio alla prepotenza straniera: è veramente la bolgia d'incontinenza e di scetticismo, maledetta dal frate di S. Marco. Chi ha dunque ragione, fra il frate mistico e moralista, e l'Italia razionalista ed esteta del Rinascimento? La riforma morale predicata dal frate, era un'impresa ragionevole, per quanto sventurata, oppure il sogno, sia pure eroico, di un allucinato? Il problema, per lo storico, non esiste: questa era la società, questo era l'uomo, cos{ scoppiò il contrasto, cos{ ebbe termine il dramma: esaurite queste domande, lo storico ha esaurito il suo compito. Il Villari è, invece, continuamente assillato nel suo studio dalla inquietudine di questo problema. La coscienza morale lo spinge all'entusiasmo pel martire; le abitudini critiche gli vietano di disconoscere la povertà infantile di quel pensiero. In qualche punto accenna a voler superare la contraddizione, inserendo il Savonarola nella corrente intellettuale del Rinascimento, e facendone un precursore della libertà di pensiero, uno spirito della famiglia di Telesio, di Campanella, di Bruno, un uomo insomma che conciliava la fede religiosa del Medioevo e la libertà intellettuale dell'età nuova. Ma la dimostrazione è appena accennata; né potrebbe riuscire vittoriosa. Fortunatamente, nella seconda metà dell'opera, via via che l'astuzia diabolica di Alessandro VI e dei Priori di Firenze stende i suoi tentacoli intorno al povero frate dalla cappa lacera, e questi se ne lascia avvolgere piu per il fanatismo dei seguaci che per volontà propria; - e noi vediamo delinearsi il contrasto irreducibile fra il frate, che aspira ad una riforma religiosa e morale, e i suoi stessi seguaci, che si preoccupano soprattutto del problema politico di difendere la Repubblica contro una reazione medicea; - e da un lato cresce la esaltazione mistica del frate e dei suoi piu intimi seguaci, dall'altro la stanchezza e la paura invade i borghesi fiorentini, che non sanno piu dove vendere il vino e la lana, se Firenze è interdetta dal papa; - il popolo esaltato da quattro anni di prediche e penitenze, di flagelli che arrivano e di flagelli che si preannunciano, è condotto alla fine ad esigere che il profeta faccia un miracolo per confermare la fede che vacilla; - e in piazza della Signoria noi aspettiamo col popolo che il miracolo avvenga, mentre in palazzo i signori, d'accordo coi nemici del frate, mandano le cose per le lunghe, affinché la prova non avvenga, e la folla si stanchi; - il piano perfidissimo riesce alla perfezione; i fedeli del profeta si sbandano delusi; il convento è assalito; il frate e due compagni di sventura sono processati fra tormenti atroci e falsità infami; finalmente i tre cadaveri penzolano sul rogo, grondanti viscere e sangue, lapidati dalla folla; 61 Bibloteca Gino Bianco

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