Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Maestri e compagni servrrono ai viaggi di andata e ritorno fra Firenze e il "mio paese," a comprare qualche libro, e finanche ad andare al teatro ogni morte di papa. II Il pnmo anno di studi in questa scuola fu l'" annus mirabilis" della mia vita. Insegnava geografia Bartolomeo Malfatti, uomo di varia dottrina, al quale dobbiamo due volumi, tuttora ottimi, sulla storia delle relazioni fra la Chiesa cristiana e gli imperatori romani fino a Carlo Magno. Cominciò con lo spiegarci la teoria della evoluzione, dalle prime forme della vita organica alla comparsa dell'homo sapiens. Prendendo gli appunti io sbuffavo inquieto, con quei volumi di dissertazioni sulla Sacra Bibbia in corpo. A un certo punto non ne potei piu, e mormorai a bassa voce, ma non cosf bassa che il professore non sentisse: "Dunque, noi discendiamo dai vermi." Il caro vecchietto sostò, tossf e disse quietamente: "Che male ci sarebbe?" Mi sprofondai negli appunti. Ma un grande fermento era entrato nel mio spirito. Addio Adamo ed Eva che parlavano latino nel paradiso terrestre. Malfatti mod quell'inverno, e gli successe Giovanni Marinelli: spirito lucido, ordinato, rettilineo, che ci fece lezioni di geografia astronomica. Mi ricordò Euclide. Ma il mio spirito non fermentò piu con lui come nelle poche settimane in cui aveva recalcitrato sotto Malfatti. Un altro maestro, che mi fece fermentare, fu il professore di letteratura latina, Gaetano Trezza, quell'esaminatore che avrebbe voluto sapere il nocciolo della leggenda di Enea. Nella crisi attraversata dal clero cattolico durante il Risorgimento italiano, si era ·i5pretato, passando dalla fede nella Bibbia alla fede in Lucrezio. Era uomo bellissimo e splendido parlatore. Ci fece quell'anno tradurre Catullo. E Catullo gli era occasione per risuscitare innanzi a noi l'ambiente in cui Catullo era vissuto: Lesbia, che Catullo odiava ed amava; e Cesare contro cui Catullo lanciava invettive arroventate; e Cicerone, che era sempre di parere contrario; e Orazio che se l'era data a gambe a Farsaglia; e Lucrezio, il filosofo-poeta, sempre presente nel pensiero del maestro, che ci aveva tramandato la sapienza di Epicuro. Quegli uomini non avevano mai pensato a congegnare indovinelli per me. Avevano amato, odiato, creduto, sofferto, magari ci avevano rimessa la pelle. Il loro latino era la strada per entrare nei loro cuori. Era la finestra che si spalancava sul mondo. Un mondo da scoprire! E tanti mondi da scoprire, quante erano le lingue. E io avrei potuto scoprirli tutti. A diciassette anni tutti i mondi sono innanzi a voi. Basta stendere la mano. Quando avevo otto anni, nella quarta elementare, il maestro ci aveva parlato con entusiasmo della spedizione di Garibaldi contro l'ultimo 46+ Bibloteca Gino Bianco

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