Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione già vi sentiamo il prepotente bisogno di riprendere contatto con la realtà dell'[ta,lia,alle prese con i· problemi della ricostruzione. Stupendo è l'articolo Ottimismo, alla fine del '47. Non è che egli non vedesse gli aspetti inqui·etanti della situazione: i disastri immensi, la miseria, la fame, e piu ancora lo scoraggiamento degli uomini· migliori, l'accasciarsi delle energie ,·innovatrici, i"l subdolo riaffiorare della conservazione ( tutto quello che allora Calamandrei· chiamò la "desistenza"). Ma non gli" sfuggivano i segni confortanti: la voglia di lavorare, di ricominciare da capo le opere della pace, una meravigliosa gioventu ( e perfino la semplicità delle nostre donne, che si erano liberate dei 1·idi"colicappelli di un tempo), e soprattutto, se ci si rivolgeva all'indietro, il prodi"gi"odella Resistenza, "la piu bella pagina della storia d'Italia." Certamente a questi giovani i "politicanti" che tenevano il campo avevano dato una repubbli'ca "sbi'lenca, sfiancata, claudicante." Ma non c'era ragi'one di· disperare. Qui Salvemini per la prima volta si richi'amava (e lo avrebbe fatto ancora spesso, negli arti'coli e nelle lettere degli' anni· seguenti) a un precedente storico: la repubblica francese del 1871, altrettanto incerta e traballante, alla mercè di conservatori e monarchici; ma finalmente consolidata alla fine del 1877, grazie alla risolutezza dei· democratici e dei repubblicani radicali, ai Gambetta e ai Ferry, che non si erano perduti d'anz·mo neppure di fronte alle mene dei MacMahon e dei de Broglie. L'i"mportante, per gli italiani che avevano saputo resistere alle lusinghe dei successi politici immediati, era seguz'rne l'esempio, serbare la stessa fede, lo stesso coraggio. E ancora una volta, in questo appassi·onatoadditare ai giovani i loro doveri, ri'appariva il Salvemini dell'Unità, diciamo meglio, il Salvemini di sempre, con la sua ostinazione i·ncrollabile, o, se vogliamo, col suo disarmante semplz"cismo, che tanto stupore aveva destato nel giovanissimo Gobetti. Sarebbero bastati cinquecento, mille giovani, di buona volontà, che studiassero i problemi concreti del Paese, e soprattutto sapessero aspettare di"eci, quindici anni; e non pensassero a creare nuovi partiti; e, se già militanti nei vecchi partiti, non ne uscissero, ma piuttosto vi portassero il loro spirito di radicale contestazione ("rimanete nelle vostre chiese, ma ribellatevi· ai vostri vescovi," nuovamente esortava); e si stringessero attorno a un setti.manale ben fatto, che affrontasse i temi piu scottanti· dell'attualità. Ma se caldeggiava i suoi soliti e, ri·conosciamolo, piuttosto utopistici modi di intervento, Salvemini era poi attentissimo, e spesso acuto, nel seguire da vicino le vicende della vita italiana. Sbagliò anche, piu di una volta, nei suoi giudizi e nelle sue previsioni; si contraddisse; ed anche troppo si compiacque di certe apostrofi dissacranti; ma quando si accorse di essere andato oltre il segno, o di avere sbaglt"ato,lo confessò apertamente con bellissima (e rarissz·ma) umiltà. Le sue maggiori speranze andavano soprattutto ai democratici di sinistra o di centro-sinistra (né democristiani né comunisti), ai partiti o partitini "laici." Le elezioni del 18 aprile gli erano apparse come lo scontro fra due totalitarismi, clericalismo e comunismo, Pio XII e Sta,lin. E per que1to, prima e dopo il 18 aprile, si ag33 Bibloteca Gino Bianco

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