Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione Poco piu di un anno dopo, avrebbe ancor meglt'o precisato quel che l'Unità non poteva, non voleva dare. Niente- "miti" nuovi, al posto dei "miti" antichi in cui· pi·u non si credeva,· ma soltanto "il frutto della nostra esperienza dolorosa." E ai democratici, disgustati· dalla pratica dell'ultimo decennio, Salvemini ripeteva quel che i· "fraticelli'" del Trec~nto dicevano ai loro contemporanei, disori·entati tra la fede cristt'ana e lo spettacolo della corruttela del clero: "Rimanete nella vostra chiesa, ma ribellatevi contro il vostro vescovo!" Un monito che egli avrebbe poi tante volte ripetuto alle successive generazi·oni di giovani·, fino all'ulti'mo giorno. In questo senso combatti·vo, non aveva mai perduto fede nella democrazia, né al tempo dell'Unità né dopo. Scriveva nel 1913: "Un ideale mi'gliore dell' ideale democratico non c'è." E questo lo allontanava fin d'allora dalle posizi·oni antz'democratiche di un Croce, di· un Pareto, di conservatori e nazionalisti. Le sue rampogne, le sue feroci tirate anti'democrati'che, erano, per riprendere una sua felice espressione, quelle dell'" amante imbronciato." Per questo insisteva tanto sulla necessità di una democrazia viri.le, coraggiosa, moderna, che i'ndivi·duasse i· problemi piu urgenti del Paese, e li avviasse a soluzione. E a chi, nel 1919, gli muoveva il rimprovero di trascurare, per l'ossessione di questi problemi· concreti, i'l "problema morale che tutti· li abbraccia," rispondeva che il "problema morale" era "il presupposto continuo di tutto z'l nostro lavoro." E se l'Unità non lo proclamava ai quattro venti, era "per la ragione semplzàssima che chi sente queste verità non ha bisogno che glt'ele ripetiamo, e chi· non le sente [ ...] è z'l primo a gridarle ogni quarto d'ora." Sei· anni prima, aveva già parlato, con chiaro ri·- ferimento anche a sé, dello "stato d'ani·mo di moltissimi fra coloro, che molto speravano dieci anni· or sono nell'opera dei partiti democratici', e ora non ne sperano piu nulla; ma non per questo rinnegano gli ideali della loro gioventu o sono disposti· a passare all'altra riva: solo si appartano da ogni movimento sdegnosi· e scoraggi'ati·, soffrendo della nostalgi·a del lontano passato, non osando sperare in un degno avvenire, eppure pronti a rimettersi in cammi·no e a ricominciare i'l vecchi·o lavoro, non appena si presenti un barlume di' speranza che non saranno ancora una volta delusi·.,,. Non dobbiamo dunque lasciarci fuorvi·are dai tanti furiosi sfoghi contro la democrazia italiana, che erano pi'uttosto i·l segno di· una grande speranza tradita. Una delle note dominanti· dell'Unità è proprio la vi'olenta criti'ca dei partiti· democrati'ci, "matta e besti'ale accozzaglia di· urlatori· e di ribaldi·," "sepolcri imbiancati·." Questa acuta i·nsofferenza dei· partiti, e specialmente di quelli' a lui piu vi'cini (perché l'avversione per gli altri·, liberali', conservatori·, clericali', nazionalisti·, era ovvi·a, scontata), aveva origi·ni lontane e non i'mprovvisate; risaliva addi'rittura alla fine dell'Ottocento, o ai prz'missi·mianni del secolo. Gi'à nel 1899, a proposito del Partito repubblicano - a cui· pure guardava allora con molta speranza - distingueva i repubblicani· seri dai· repubblicani· da operetta. Qualche anno dopo, li bersaglt'ava in blocco come i· sudditi piu fedeli a casa Savoi·a. Ma la "besti·a nera" fu per Salvemini, in tutti questi· anni, soprattutto 24 BiblotecaGino Bianco

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