Gaetano Salvemini - Scritti vari (1900-1957)

Prefazione convinto. Del resto, l'incertezza ha poca importanza; perché, "se fu inetto, Carlo Alberto agi come se fosse perfido; e se fu perfido, non poteva agire con maggiore stupidità nella perfidia." Nei brevi scritti dedicati alla politica estera italiana nell'età crispina e giolittiana, sui diplomatici e ministri· di' quegli anni - Barrère, Di San Giuliano, e altri ancora - ritroviamo da un lato l'antica animosità contro Giolitti, gli echi delle sue battaglie politz'che, e dall'altro la fedeltà alla lezione di metodo che gli era stata data tanti anni prima dai suoi maestri, lo scrupolo ossessivo di sempre "risalt're alle fonti, 11 la sua avversione per gli storici "propagandisti'. 11 Maggiore spazio abbiamo dato agli' articoli' e alle recensioni sulla storia del primo dopoguerra, del fascismo, della Seconda guerra mondiale: tutti argomenti scottanti, che continuarono fino all'ultimo a sollevare in lui onde di' tempestosa passi·one,ma che egli cercò sempre di domi'nare con la serenità del pensiero stori"co, ed anche, quando gli se ne presentava l'occasione, con sorridente arguzi·a, perfino con irresistibi'li scoppi di buon umore. Sempre, e tanto piu quando si trattava delle male/atte dei peggiori nemi'ci, voleva prove sicure. Cosi a proposito dell'assassinio di re Alessandro di Jugoslavia, nel quale si era voluto scorgere la responsabilità di Mussolt'ni. Fino a che tali prove non verranno alla luce - diceva Salvemi'ni - " non è lecito a verun uomo onesto attribuire a Mussolini un delitto in piu. Il ritratto è abbastanza repugnante anche senza quella aggiunta. Eppoi la verità, per un uomo onesto, è la verità." Ammirava la monografia di Ernesto Ragionz·eri su Sesto Fiorentino, un vero modello di storia locale; e si compiaceva che l'autore non facesse mistero del suo modo di pensare ·_ perché "lo storico non può non avere un punto di' vista, se è stori·coe non raccattatore di cicche erudite11 - ma anche lo richiamava a una maggiore equità verso i socialisti italiani del primo ventennio del secolo. Si commuoveva di fronte alla rievocazione di lotte che erano state anche le sue, nel bel libro di Tommaso Fi'ore, Un popolo di formiche,· e concludeva: "Fiore spera oggi le stesse speranze del 1925. Le spera allo stesso modo? Non so." In Mussolini storico di se stesso ricostruiva con esemplare accuratezza l'attentato a Bologna contro Mussolini, e il linciaggi·o di Anteo Zambonz·, una delle pagine piu oscure della storia del Ventennio; mentre in Ludwig e Mussolini non taceva il suo dùgusto per la pochezza morale del celebre intervistatore, per le vergogne e le miserie del Minculpop, per le fatue vanteri·e del duce. Nel recensire un libro del generale Caviglia, segnava bene, accanto ai meriti, i limiti' dell'uomo: un certo narcisùmo, e la frenetica avversione per Badoglio. In Astuti e malfattori, demolt'va con implacabile severità la figura di Chamberlain, non meno responsabi'le di Hitler e Stalin in quella funesta commedi'a di reciproci' inganni che portò diritto alla guerra: un Chamberlain certamente piu stupido degli altri due, ma non meno criminale di' loro: perché "cri'mi'nalità e scempiaggine non sono incompatibili. 11 Né sarebbe stato molto piu tenero per le memorie di Churchill, al quale i·mputava di' avet dato all'Italia, con l'aiuto degli alleati e del Vaticano, un regime che sarebbe rimasto nella storia come "il fascismo senza Mussolini." 21 Bibloteca Gino Bianco

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