La vera ragione delle dimissioni di Salvemini coinvolta nelle discussioni a cui la mia opera ha dato luogo e a cui daranno luogo ... le opere future. Con che io non contendo né alla Corrente, né ad alcun altro giornale, né ad alcun collega, né ad alcun altro cittadino privato, di discutere e giudicare l'opera mia, in quanto io, avendo partecipato a un pubblico ufficio, ho il dovere di render conto della mia condotta non ad una determinata organizzazione professionale o politica, ma a tutto il "signor pubblico." Solo avrei desiderato, e il motivo apparirà meglio dal seguito di questa lettera, che il "signor pubblico" mi lasciasse tranquillo e non mi costringesse a parlare. Ma poiché si insiste a discutere e a giudicare delle mie dimissioni, è ben necessario che io rompa quel riserbo, che mi ero imposto e della cui opportunità mi ero sforzato finora a gran fatica di tenermi convinto. Si deplorano le dimissioni del Vitelli, del Galletti e le mie, perché "mettono in pericolo l'esistenza stessa della Commissione Reale, e ritardano all'infinito la riforma della scuola media, da noi stessi voluta e propugnata." Io parlo per conto mio, senza la pretesa di rappresentare gli altri due ... censurati; e dichiaro che se avessi avuto una magari tenue speranza che la Commissione Reale sarebbe arrivata a proposte degne di essere prese in qualche considerazione dalle persone serie, avrei inghiottito non solo il comm. Castelli, ma tutto un esercito di commendatori, e sarei rimasto al mio posto fino all'ultimo. Ma io mi sono trovato in una Commissione, la quale per sei mesi - dico per sei mesi - non ha potuto funzionare perché i commendatori Corradini e Fiorini erano sempre in mille faccende affaccendati; però non volevano rimanere estranei ai lavori; perciò ci obbligavano per un elementare sentimento di convenienza a non fare senza di loro le sedute: ma quando riescivamo a tenere qualche rara seduta il comm. Corradini, seguito silenziosamente e docilmente dal comm. Fiorini, ci impediva di camminare, facendo le viste di non aver capito, costringendoci a ripetere mille volte le stesse cose, spostando continuamente le basi delle discussioni, suscitando questioni nuove quando le vecchie erano mature per la votazione e ritornando alla questione antica quando la nuova stava per maturare. Contro quest'ostruzionismo tenace, snervante, irritante, umiliante, piu volte io protestai, anche con violenza; e me ne sarei liberato fino dal mar.zo passato, se gli amici non me ne avessero distolto perché ... bisognava non mettere in pericolo la Commissione e ritardare la riforma. "Intanto," essi dicevano, "lavoriamo per conto nostro, raccogliamo materiali, concretiamo le nostre idee: quando la Commissione potrà cominciar a funzionare sul serio, allora tutto il nostro lavoro lo metteremo a disposizione dei colleghi~ e questo tempo non sarà trascorso invano e non inutilmente lo Stato c1 avrà pagate le indennità di residenza." E io mi lasciai convincere; né ~i questo mi pento, non solo perché cosf acquistai un maggior diritto a dimettermi quando non ne avessi potuto proprio piu, ma perché mi sono tro243 BibliotecaGino Bianco
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