Problemi di riforma scolastica sciamo alle famiglie la massima libertà di scelta; e perciò stabiliamo la equivalenza dei diplomi di tutte queste scuole per l'ammissione a tutte le Facoltà universitarie, e liberi passaggi dall'una all'altra scuola, anche lungo le vie, per mezzo di esami complementari. O la cultura classica è veramente superiore alle altre; e i giovani provenienti dalle scuole classiche si dimostreranno, negli esami, nelle università, nella vita, meglio addestrati degli altri; e la loro superiorità servirà ad accreditare le scuole da cui sono usciti e far disertare le altre. O i giovani delle scuole classiche si riveleranno meno adatti degli altri alla vita moderna, e questa sarà la riprova delle teorie pedagogiche anticlassiche; e occorrerà che i classicisti pieghino il capo. O tutti gli studi sono buoni, a patto che siano adattati alle inclinazioni individuali e alle condizioni sociali di ciascun alunno; e allora le statistiche ci riveleranno qual tipo di scuola è preferito da ciascun gruppo sociale; e i resultati delle grandi città ci daranno norma per trasformare via via le scuole delle città minori. Se la scuola unica di primo grado, con o senza latino, è veramente necessaria, vedremo affollarsi i primi anni di quell'istituto, che meglio risponda a quel bisogno della popolazione; e a un certo punto vedremo la scolaresca frazionarsi fra le classi inferiori concorrenti, per via di esami complementari; avremo cos1 il primo abbozzo della scuola unica di primo grado e della scuola plurima di secondo grado, disegnato non a priori da studiosi spesso schiavi dei loro sistemi, ma dalla moltitudine anonima, che è la sola competente a dire ciò che le è utile e ciò che le è dannoso. Siamo liberali nel senso vero della parola. Lasciamo che le vigorose e sempre fresche correnti della vita si aprano da sé la loro strada. E intanto rompiamo il monopolio classico, affinché la società possa crearsi la sua scuola fuori delle costruzioni attuali. Né ci deve preoccupare il pericolo di favorire, mediante la creazione di nuove scuole, la pletora dei licenziati e dei laureati. Anche quest'accusa, che si muove alle nostre scuole, di essere fabbriche di spostati, è priva di base. La pletora degli spostati non è un fenomeno peculiare delle sole classi intellettuali, che escono dalle scuole; è fenomeno comune a tutti i gruppi della classe lavoratrice, anche a quelli che non vanno a scuola. È la disoccupazione, che minaccia tutti i lavoratori, e che è una condizione di esistenza dell'attuale società capitalistica. Il lavoro intellettuale ha ed avrà sempre i suoi disoccupati, come il lavoro manuale. La scuola non è colpevole di questo male: ne è vittima. E il rimedio al male non istà, come pensano i poveri di spirito, nell'aumento delle tasse scolastiche, le- quali non farebbero se non monopolizzare le scuole pubbliche per i ricchi, spingendo i poveri, assetati di coltura, ad abbeverarsi a scuole diverse dalle pubbliche, con un enorme aumento dei pericoli sociali; il rimedio potrà esser dato solo da una ricostruzione sociale, che sostituisca l'ordine all'anarchia della produzione. Ma in attesa di questo lontano futuro, la pletora persisterà con qualunque ordinamento scolastico. E non è in nostra facoltà evitarla. 234 BibliotecaGino Bianco
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