Il metodo sperimentale nella riforma della scuola media di essa, nelle scuole professionali. Solo non dobbiamo illuderci che lo sviluppo dell'insegnamento professionale possa ottenersi ad un tratto e tanto meno che possa produrlo il Governo. Queste scuole non sono create per volere del legislatore, ma nascono e si diffondono spontanee via via che la evoluzione economica del paese lo richiede, e non possono essere create se non per opera delle libere iniziative locali, sotto la pressione degli speciali bisogni locali. Che cosa può saperne il Governo centrale delle scuole che sarebbero necessarie in un paese di conciapelli liguri o in uno di viticultori pugliesi? Tanto è vero questo, che, mentre l'amministrazione dello Stato accentrato si manifesta inetta a risolvere questo, come tanti altri problemi della vita nazionale, le scuole professionali nascono sotto i nostri occhi, fuori di ogni iniziativa dello Stato. Sono le Opere pie, che istituiscono scuole di arti e mestieri per orfani e sordo-muti; sono i Comuni e le Provincie, che, sospinte dagli interessati, creano le scuole commerciali, agrarie, industriali, richieste dai bisogni locali; sono spesso le associazioni dei padroni, che fondano a loro spese le scuole per crearsi le buone maestranze. E, mentre le scuole professionali erano in Italia, nel 1859, pochissime, oggi ne abbiamo già un paio di migliaia: e il maggior numero di esse si trova nell'Italia settentrionale e centrale, cioè dove l'economia progredisce. Il Governo non potrebbe far nulla di tutto questo. Esso può solamente, e deve, incoraggiare la nascita e lo sviluppo di queste scuole con lauti sussid1, che sarebbero preziosi specie nel MezzodL Chiediamo, dunque, le scuole professionali; ma non illudiamoci che questa parte del problema possa essere risolta in un giorno, perché essa dipende tutta dalla trasformazione e dal progresso della società. * Quanto al secondo gruppo di riforme, a quelle cioè che dovrebbero tendere a rinnovare i metodi didattici, l'argomento è stato già accennato dall'Apreda, e se n'è molto discusso in questi ultimi tempi nella stampa quotidiana; e si è detto che è questa la vera sola riforma da fare, e si è invitato il Governo a compierla; e anche l'on. Sonnino, nel programma elettorale del novembre passato, dopo averci fatta una lavata di capo per la nostra impertinenza politica, si occupò della riforma dei metodi didattici: in compenso si dimenticò di parlare delle leggi sullo stato giuridico ed economico. (Ilarità.) Ora, questa campagna per la riforma dei metodi didattici contiene in sé molto di vero, ed è gran merito averla iniziata nella stampa; ma in essa c'è a mio parere una esagerazione ed un errore. C'è una esagerazione, perché non si può ridurre tutta la questione scolastica alla riforma dei metodi didattici. Non esistono metodi didattici assoluti. Esistono o dovrebbero esistere scuole con determinati fini, con una determinata scolaresca. Metodo buono è quello, che conduce, con la minore fatica possibile e nel piu breve tempo possibile, quella data scolaresca a quel determinato fine; che sarà professionale in una scuola professionale; 227 BibliotecaGino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==