Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Riepilogo Giolitti non riusd con Turati, nel cui spirito il pacifismo assoluto (tradizio– nale fra i· socialisti) prevaleva su ogni altra considerazione, e il suffragio universale gli diceva poco o niente. Da ora in poi, non avevo piu bisogno di domandare ai socialisti del Nord che conquistassero quanto ci era caduto sulla testa come un bolide dal cielo. In questa nuova fase della vita nazionale, i socialisti meridionali dovevano far tutto da sé e non impetrare nessuna elemosina di benevo– lenza dai socialisti settentrionali. D'altra parte, io avevo perduto ogni spe– ranza di interessare i socialisti del Nord a nessun problema di giustizia che interessasse le classi lavoratrici meridionali. Mi allontanai perciò dal partito socialista senza strombazzare che me ne andavo via: il fatto non aveva importanza da essere annunziato sui tetti. Ma nel 1914, quando un gruppo di socialisti torinesi mi domandò pri– vatamente se avrei accettato una candidatura alla Camera in un collegio di Torino per affermare la solidarietà degli operai del Nord coi contadini del Sud, dissi loro che non avevo piu nessun legame col partito socialista, e la loro idea cadde senz'altro, come era naturale. A quest'episodio torinese accenna Gramsci in tino scritto del 1926, che credo meriti di essere ricordato come campione del modo con cui talvolta s1 scrive la storia. Ecco le parole di Gramsci: Quando, nel 1914, rimase vacante il IV collegio della città [Torino] e fu posta la questione del nuovo candidato, un gruppo della sezione socialista, del quale facevano parte i futuri redattori dell'Ordine Nuovo, ventilò il progetto di presentare come can– didato Gaetano Salvemini. Il Salvemini era allora l'esponente piu avanzato in senso radicale della massa contadina del Mezzogiorno. Egli era fuori del partito socialista, anzi conduceva contro il partito socialista una campagna vivacissima e pericolosissima, perché le sue affermazioni e le sue accuse, nella massa lavoratrice meridionale, diven– tavano causa di odio ·non solo contro i Turati, i Treves, i D'Aragona, ma contro il proletariato industriale. (Molte delle pallottole che le guardie regie scaricarono nel 1920, '21, '22, contro gli operai, erano fuse nello stesso piombo che servi a stampare gli ar– ticoli di Salvemini.) Tuttavia questo gruppo torinese voleva fare un'affermazione sul nome di Salvemini, nel senso che al Salvemini stesso fu esposto dal compagno Ottavio Pastore, recatosi a Firenze per avere il consenso alla candidatura: "Gli operai torinesi vogliono eleggere un deputato per i contadini pugliesi. Gli operai di Torino sanno che, nelle elezioni generali del 1913, i contadini di Molfetta e di Bitonto erano, nella loro stragrande maggioranza, favorevoli al Salvemini; le pressioni amministrative del Governo Giolitti e la violenza dei mazzieri e della polizia ha impedito ai contadini pugliesi di esprimersi. Gli operai di Torino non domandano impegni di sorta al Salvemini, né di partito, né di programma, né di disciplina al gruppo parlamentare; una volta eletto, il Salvemini si richiamerà ai contadini pugliesi, non agli operai di Torino, i quali faranno la propaganda elettorale secondo i loro principì e non saranno per nulla impegnati dal– l'attività politica del Salvemini." Il Salvemini non volle accettare la candidatura, quan– tunque fosse rimasto scosso e persino commosso dalla proposta (in quel tempo non si parlava ancora di "perfidia" comunista, e i costumi erano onesti e lieti); egli propose Mussolini come candidato e si impegnò di venire a Torino a sostenere il partito s0- cialista nella campagna elettorale. Tenne infatti due comizì grandiosi alla Camera del Lavoro e in Piazza Statuto, tra la massa che vedeva e applaudiva in lui il rappresen– tante dei contadini meridionali oppressi e sfruttati in forme ancora piu odiose e bestiali che il proletariato settentrionale. L'indirizzo, potenzialmente contenuto in questo episodio 677 BibliotecaGino Bianco·

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