Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale affermava che il partito socialista non doveva né salvare dalla rovina i pro– prietari antichi né favorire l'aumento dei proprietari nuovi. Marxismo or– todosso 1896. Ma il fatto che la piccola proprietà non spariva era là, e lui lo vedeva. Il dogma della concentrazione delle ricchezze era ferito a morte. È interessante notare la discussione sulla piécola proprietà avvenuta nel 1896 fra Cànepa e Bissolati, a cui il mio scritto alludeva. Cànepa viveva in Liguria, dove la proprietà frazionatissima, e tenuta ad alberi e fiori, era intensamente redditizia, e non poteva essere che piccola proprietà. In– vece Bissolati viveva nella bassa Lombardia, dove l'agricoltura era alta– mente industrializzata, e la piccola proprietà, ai margini delle grandi af– fittanze, presentava una situazione ideale per il marxismo socializzatore. Io sarei dovuto essere d'accordo con Cànepa: invece ero d'accordo con Bissolati. Il giovane che nel 1896 descriveva la struttura economica, sociale e politica del paese nativo fu colpito da un altro fatto, che non rientrava nello schema marxista della lotta di classe fra capitalismo e proletariato indu– striale. Nel suo ambiente, c'era poco capitalismo .e poco proletariato indu– striale, ma c'erano lotte politiche ed amministrative assai vivaci, alle quali non partecipavano quei giornalieri agricoli che costituivano il proleta– riato autentico locale. Come spiegare quelle lotte? Guardandosi intorno, il giovane trovò la risposta. Una unica classe sociale, la piccola borghesia professionista e impiegatizia, essendo troppo piu numerosa di quanto la scarsa ricchezza locale potesse sostenere, si divi– deva in "partiti" per la conquista del magro bilancio comunale e dei favori amministrativi. Non erano lotte di classe: erano lotte internecine tra fa– zioni della stessa classe. "Queste lotte intestine," scrisse, "sono a torto trascurate dai nostri sociologi; a volte hanno grande importanza." È una idea, che occuperà il primo piano nel pensiero degli anni venturi. Dal primo al secondo 3 degli scritti raccolti in questo libro, il lettore è trasportato dall'Italia meridionale a Torino; ma, in verità, rimane sempre nell'Italia meridionale. Il giovane socialista è stato indignato dagli inter– ve.nti arbitrari della prefettura nell'amministrazione del suo municipio, ed ha capito che cosa vogliano dire le parole "autonomia comunale." Naturalmente, l'autonomia comunale deve sposarsi al suffragio uni– versale, dogma universale del proletariato organizzato e cosciente. Con quelle due armi - autonomia comunale e suffragio universale - il prole– tariato ridurrà all'impote~za politica "la borghesia," e procederà alla so– cializzazione ·qei mezzi di produzione e di scambio. Le idee delle· autono– mie locali e del suffragio universale non cadranno mai da quella testa piut– tosto ostinata. Fra il secondo e il terzo scritto sta il maggio 1898: tumulti annonari m tutta Italia; stato d'assedio, il secondo in quattro anm; 1 soldati con- 3 Ora il quinto. Cfr. in questa raccolta pp. 45-51. [N.d.C.] 670 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=