Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Federalismo e regionalismo Abolire allora del tutto i prefetti, come propose Luigi Einaudi al tem– po della Resistenza 5 ? - Pur essendo federalista per la pelle, non arriverei fino a questo punto nell'Italia d'oggi. Mi pare inevitabile che si lasci ai prefetti l'ufficio di comandare la polizia per la repressione dei reati, e di mantenere l'ordine, mettendo in moto in caso di bisogno le forze armate del Governo cen.trale. A chi altri potrebbe essere affidato quest'ufficio? Alle guardie municipali? Inoltre i prefetti dovrebbero sempre conservare il còm– pito di promuovere presso la magistratura ordinaria la repressione dei reati, - reati, badiamo bene, non iniziative discutibili, o errori - che gli amministratori degli Enti locali potrebbero commettere. Di siffatto uf– ficio non si potrebbe fare a meno speci'.:llmentenell'Italia meridionale. Nel 1947, se la memoria non m'inganna, i comunisti e socialfusioni– sti di Milano promossero una: specie di rivoluzione ... cogli ombrelli per impedire che il prefetto di Milano fosse tolto loro dal Governo centrale. A quei miei amici americani, che si scandalizzavano per siffatto "disor– dine," io spiegai che il prefetto di una provincia italiana è scelto ed è revocato dal ministero degli Interni, mentre negli Stati Uniti è eletto dal suffragio universale dei cittadini. I comunisti e socialfusionisti di Milano volevano, in fondo, la scelta del loro governatore farsela da sé. È vero che facevano quella domanda perché il prefetto era un uomo loro, mentre avrebbero domandato che il Governo centrale lo revocasse se fosse stato uomo dei clericali. Ma questa non era ragione per rifiutare il principio che il prefetto italiano deve essere gradito alla maggioranza dei cittadini italiani, come il governatore americano deve essere gradito alla maggioranza dei cit– tadini americani. Questo lo dicevo perché si trattava di Milano. E lo stesso discorso avrei fatto per Torino, Genova, Aosta e che so io. Ma se si fosse trattato di Napoli o di Bari, non avrei osato essere cosi: sicuro di me stesso. E anche per Milano sarebbe stato discorso troppo lungo spiegare che mentre i milanesi avevano il diritto di esigere un prefetto che fosse di loro gradimento per tutto quanto riguardasse l'amministrazione locale della città e della provincia, non sarebbe stato prudente affidare a un prefetto gradito ai comunisti e ai socialfusionisti la facoltà di comandare anche la polizia e l'esercito in caso di disordini. Io mi rendo conto della concessione che cos1 faccio a una istituzione - il prefetto - per la quale occorre aver il massimo sospetto. Ma la vita pratica non può fare a meno dei compromessi: compromessi non fra il bene e il male, ma fra il peggio e il meno peggio. A questo punto, qualcuno mi dirà: "Non sei, dunque, tu quel desso, che nel 1900, nella Critica Sociale di Filippo Turati, pubblicò una serie 5 Cfr. L. EINAUDI, Il Buongoverno, Bari 1954, pp. 52-59. 637 BibliotecaGino Bianco

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