Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Tirando le somme E di questo "trattamento umano" le spese dovrebbero essere ricavate dalla tariffa doganale "mostruosa," che gl'industriali con la collaborazione della F.I.O.C. hanno imposto all'intera popolazione italiana, borghese e pro– letaria, la quale non guadagna né dividendi né salari nelle industrie chimi– che, e dovrà pagare a prezzi assurdi il sapone, le medicine, i concimi e tutte le altre merci, in cui entrano come materia prima i prodotti chimici. Le spe– se dovrebbero essere fatte dall'agricoltura e dalle industrie, il cui sviluppo sarà paralizzato dall'ostacolo di questo maggiore costo di produzione. Le spese dovrebbero essere fatte dalla stessa industria chimica, la quale non sa– rà spinta in nessun modo a migliorare la sua organizzazione tecnica, difesa com'è da una tariffa doganale proibitiva, e non avrà nessuna capacità di espansione all'estero, e si ridurrà a sfruttare bestialmente i soli consumatori e produttori nazionali, parassita anemico di un miserabile mercato. Ma chi ragionasse cosf, secondo il segretario generale della F.I.O.C., non sarebbe che un "liberista cretino." La difesa invece del protezionismo doganale, a patto che gli industriali si affezionino i loro dipendenti con un trattamen– to umano, è socialismo intelligente e magari internazionale. Non meno interessante è il caso dei minatori dell'isola d'Elba. Questi producono il minerale per la industria siderurgica: industria, che per vivere ha bisogno di farsi regalare dallo Stato il minerale a lire 0,50 la tonnellata; e, sempre per vivere, ha bisogno di una protezione doganale, che rappresen– ta una decima enorme prelevata su tutta la vita economica italiana, in quan– to questa non può fare a meno di consumar ferro; e sempre per vivere, ottenne nel 1911 che il Governo spingesse le banche di emissione ad un pre– stito di 90 milioni; e sempre per vivere, nonostante gli altissimi profitti rea– lizzati nei quattro anni di guerra, ha dovuto pitoccare dal Governo, dopo la guerra, un nuovo finanziamento di 350 milioni, e il carbone a prezzi di favore, e un sovraprezzo di 400 lire la tonnellata per i prodotti siderurgici nazionali in confronto delle offerte venute dall'estero: e gli operai impiegati in questa voragine improduttiva sono appena 30.000. L'assurdo e lo scandalo di una industria di questo genere era cosf evi– dente, che nel 1920 la campagna antisiderurgica era divenuta generale in tutti i partiti. E la stessa Federazione italiana operai metallurgici (F.I.O.M.) era disposta ormai a disinteressarsi di questa industria, salvo, bene inteso, a domandare, e sarebbe stato giustissimo, una congrua indennità di conge– damento per gli operai, che avessero dovuto rimanere senza lavoro per la chiusura delle officine. Né la crisi di questi operai sarebbe stata generale e permanente: perché una parte delle aziende avrebbe dovuto essere sem– pre continuata dal Governo, in perdita, per la necessità della difesa militare; e una parte degli operai addetti alla siderurgia sarebbe stata a poco a poco riassorbita dalle industrie metallurgiche e meccaniche, liberate dall'alto co– sto del ferro di prima lavorazione e perciò suscettibili di piu larghi sviluppi. Ma ad un tratto, gl'industriali siderurgici ebbero un lampo di genio: pro– mossero fra gli operai delle miniere elbane una cooperativa, che si sarebbe 607 BibliotecaGino Bianco

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