Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale Se non che da qualche parte si va già accennando ad esitazioni e a titubanze che verrebbero ad intralciare quell'azione positiva del Governo che sarebbe stata consigliata dalle indagini compiute presso le Cancellerie europee e che anzi le riluttanze del presidente del Consiglio• deriverebbero dal fatto di non vedersi incoraggiato in piu alte sfere. Abbiamo voluto rilevare, a titolo di cronaca, quanto si va ripetendo a questo proposito in qualche ambiente politico; ma data la gravità della cosa, esitiamo a ga– rantirne la fondatezza, in quanto è difficile ancora il ritenere che alla volontà generale di una nazione che reclama le garanzie del suo avvenire politico possa opporsi il veto di una persona cui si rivolgono nella speranza di una energica tutela gli animi fiduciosi del paese. E il 17 settembre, Enrico Corradini, licenziando .le bozze alla prefa– zione del volume L'ora di Tripoli, p. XIX, scriveva: Quando questo volere d'Italia si velasse di nuovo nella profondità dell'avvenire ... 10 sono d'avviso che il n:izionalismo dovrebbe iniziare un'azione estremamente rivolu- zionaria, anche contro cose e persone che ora non si nominano. I giornali del clericalismo, dunque, e quelli del grosso capitalismo, e i corifei del nazionalismo imperialista, arrivavano fino a minacciare il re, se non smetteva le sue ultime riluttanze contro l'impresa. E Turati si illudeva ancora che il Governo di Sacchi, cioè nientemeno della "democrazia posi– tiva e moderna 11 - proprio cosi! Critica Sociale, p. 289 - potesse resistere da sé solo alla fiumana che oramai travolgeva l'Italia. Era il metodo solito: dormire tranquilli sulle ginocchia di Giolitti; sperare ogni cosa dalle combinazioni parlamentari con Giolitti. Giolitti da– rà le pensioni alla vecchiaia. Giolitti darà il suffragio universale. Giolitti sbaraglierà i nazionalisti. Giolitti resisterà alla campagna tripolina. Lascia– mo fare Giolitti in quo vivimus, movemur et sumus, e noi stiamocene in panciolle a veder manovrare e ad applaudire Giolitti. E Giolitti andò a Tripoli. Anche se non avesse voluto andarci, avrebbe oramai dovuto andarci per forza, dal momento che la campagna tripolina dei giornali, non argi– nata da nessuna resistenza della stampa e delle organizzazioni socialiste, aveva conquistato tutto il paese compresa una buona parte della massa proletaria. Se la impresa di Tripoli si è fatta - sarà bene ripetere questa verità spesso a chi trova comodo di non capirla - questo è dipeso per una metà dall'attività della stampa tripolina, e per una metà dalla inerzia incosciente dei deputati, dei giornalisti, degli organizzatori socialisti. Ed ora che siamo in piena guerra guerreggiata, n01 siamo sempre a domandarci che cosa precisamente vogliano di fronte a Tripoli i socialisti italiani. Vogliono riprendere il grido: "Via dall'Africa"? - Sarebbe una stol– tezza criminosa e pazza. - A parte la considerazione che, non essendo sta- 500 BibliotecaGino Bianco

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