Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale C'è stato un tempo - chi se ne ricorda piu fra noi? - in cui il nostro partito ha saputo classificare i suoi desideri ed ha saputo subordinare ad un gruppo di esigenze immediate, determinate, tutte le altre parti del suo programma. Quando i partiti conservatori negavano alle nostre organizza– zioni politiche ed economiche il diritto di esistere, noi volemmo soprattutto esistere, e concentrammo tutte le nostre forze per la conquista delle libertà politiche fondamentali. Non che queste libertà noi le concepissimo come fine a sé stesse, come rimedio taumaturgico, come panacea di tutti i mali. La multiforme congerie dei bisogni immediati e lontani, materiali e idea– li della classe lavoratrice, noi la sentivamo e l'affermavamo sempre; e non v'era riforma sociale, o tributaria, o scolastica, o amministrativa, di cui non vedessimo la necessità e l'urgenza; ed ogni occasione ci era buona per pro– spettare ora questo, ora quel lato dell'infinito problema sociale e per pro– clamare ora questa, ora quella rivendicazione della classe lavoratrice. Ma di tanti bisogni, di tante riforme, di tante rivendicazioni, una era sempre quella che nel nostro spirito predominava sulle altre, in essa noi avevamo il nostro fine ben definito e assolutamente immediato; in essa consisteva per noi e per i conservatori la posizione dominante della battaglia: il di– ritto di libera organizzazione politica ed economica inteso come lo stru– mento indispensabile a qualunque ulteriore conquista, come la piu impor– tante fra tutte le rivendz·cazioni e tutte le riforme. Non mancò in quegli anni di lotte fervide e pertinaci, da parte dei partiti conservatori il tentativo di condurci fuori della nostra strada me– diante il vecchio diversivo dell'anticlericalismo massonico: l'on. Pelloux e l' on. Finocchiaro Aprile, che allora era ministro con l'on. Pelloux e non era diventato ancora uno dei Santi Padri della democrazia, promettevano ... la precedenza del matrimonio civile. Ma noi andammo per la nostra via. Sa– pevamo quel che volevamo: volevamo soprattutto che fossero riconosciute alla classe lavoratrice le libertà politiche. Non eravamo giunti ancora al tem– po, in cui il socialismo doveva minacciare di diventar sinonimo di masso– nena. N'on mancò neanche la largizione di qualche legge sociale destinata a dimostrare l'inutilità della organizzazione e della lotta di classe. Ma il no– stro partito, pur non creando ostacoli sistematici all'approvazione dei prov– vedimenti sociali, non ismise per essi il suo atteggiamento continuo e riso– luto di battaglia. Anche se il Governo avesse profusi centinaia di milioni annui in pen– sioni, sussidi di disoccupazione, Casse di maternità, uffici di collocamento, aiuti alle Cooperative, noi saremmo stati sempre suoi avversari risoluti e intrattabili, finché avesse continuato a tenere chiusi i nostri circoli, sciolte le nostre leghe, imbavagliata la nostra stampa. Perché noi eravamo incrollabilmente convinti che la classe lavoratrice deve crearsi da sé, con le sue forze, i suoi diritti; deve essere essa, stretta nelle proprk organizzazioni, attraverso le proprie esperienze, i propri er- 392 BibliotecaGino Bianco

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