Gaetano Salvemini - Il ministro della mala vita e altri scritti sull'età giolittiana

I manutengoli del fascismo sedio e il tribunale militare a Milano. Ecco " la permanente corrente fascista nella storia italiana. " Qui c'è una confusione fra "reazione" e "fascismo." Un regime politico, il quale è assalito o si crede assalito da forze rivoluzionarie, si difende. È naturale. Ma c'è difesa e difesa. Può difendersi ufficialmente, alla luce del sole, con i colpi di Stato, gli stati d'assedio, i tribunali militari (come nell'Italia del 1898). Questo si suol chiamare "reazione. " Chi ricorre a siffatto metodo ne accetta tutte le responsabilità immediate e storiche. Umberto I ne seppe qualcosa: ci rimise la pelle. Il caso del fascismo, nel 1920-21, fu assai diverso. Questo fu un movimento ufficialmente estraneo al regime politico giolittiano, anzi pretendeva di fare una "rivoluzione" contro quel regime; Giolitti non assunse mai nessuna responsabilità per le spedizioni punitive armate dalle autorità militari, e fatte sicure della impunità dalla polizia e dalla magistratura, oltre che salariate dagli agrari e dagli industriali. Che al' movimento fascista abbiano contribuito i discendenti dei " novantottisti," non c'è dubbio. Ma c'era in quel movimento fascista qualcosa che lo faceva differire essenzialmente dal novantottismo. Ed era "l'illega• lismo autorizzato " da governanti disonesti, che avrebbero dovuto reprimerlo, e invece lo promossero. Gobetti disse giustamente che il fascismo fu la ma• la vita dei mazzieri giolittiani estesa dall'Italia meridionale dell'anteguerra a tutta l'Italia del dopo guerra. Non c'erano legalmente né stati d'assedio né tribunali militari. Ogni banda istituiva di fatto lo stato d'assedio nella propria giurisdizione, e procedeva a giudizi sommari. Le autorità regolari non intervenivano in quelle faccende locali che per mettere al fresco chi resistesse o accennasse a resistere ai voleri della banda ufficiosamente autorizzata. Piu manutengoli di cosf si muore. 01 f d " f . " " . " C · . I 3. tre a con on ere asc1smo con reazione, a1um1 mette ne calderone " novantottista " milanese anche Luigi Albertini. Se leggerà la Vita di Luigi Albertini scritta dal fratello ALBERTO(Roma, Mondadori, 1945, pp. 64-69) e il primo volume dei Venti anni di vita politica dello stesso LUIGI ALBERTINI(Bologna, Zanichelli, 1950, pp. 6 sgg.), si persua• derà che Albertini non approvò gli spropositi inintelligenti che i " novantot• tisti" andarono moltiplicando per paura e per calcolo. Non essendo cuoco cosf stupido come coloro di cui era allora, come si direbbe oggi, compagno di viaggio, Albertini avrebbe voluto cuocere la lepre " sovversiva " in una salsa piu adatta. In quale salsa? Sonnino e Salandra, "novantot_tisti " per la pelle, volevano, come aveva scritto Sonnino nel 1897, "ritornare allo statuto." Volevano, cioè, non una monarchia parlamentare all'inglese, ma una monarchia costituzionale alla prussiana: la Camera dei deputati doveva avere il solo ufficio di accetta,re o respmgere 1 bilanci e i progetti di legge, mentre il re doveva scegliere il BibliotecaGinoBianco

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