Gaetano Salvemini - Il ministro della mala vita e altri scritti sull'età giolittiana

Lineamenti per una storia dell'Italia giolittiana dersi, in via d'esempio, se l'attivissima politica coloniale della terza repubblica abbia rappresentato un fatto positivo o negativo nel promuovere l'opera ricostruttiva della Francia e nel munire la madre patria di quelle risorse, il cui esatto valore poté essere misurato solo nel '14 e nel '15 di fronte all'urto tedesco e all'esiguità dei primi aiuti militari britannici. Analogamente, io condivido nella sostanza il giudizio del Salvemini sulla politica coloniale italiana e respingo le consuete giu~tificazioni strategiche o di prestigio, ma vorrei ricordare che dal '78 al '12 il colonialismo fu un moto europeo e mondiale cui era difficile sottrarsi (e non so fino a che punto utile), proprio ad evitare che un paese si straniasse dal corso della politica europea e dalle comuni esperienze. Quanto al Giolitti, l'esigenza delle successive " integrazioni" è ben giustificata; ma andrei cauto nel contrapporre un Giolitti cattivo uomo di governo per il Mezzogiorno e buono per il Nord, come chi dicesse un Bismarck (dopo il '70) ottimo per la Prussia e pessimo per la Baviera. Nell'ultima pagina del suo articolo il Salvemini tende a confondere lo storicismo con la sua maschera deformante, vale a dire· con l'atteggiamento di chi giustifica tutta la storia come una grandiosa epifania del bene. Ma il nostro contradditore sa bene che la migliore storiografia italiana ha sempre condannato il grossolano equivoco di uno pseudostoricismo che, nelle sue estreme conseguenze, spersonalizza la responsabilità dell'azione e quindi tog1ie ogni eticità alla storia. Salvemini mi chiede che cosa io intenda per " vera ed alta moralità della storia. " Potrei rispondere ch'è quella stessa che il Saivernini ha realizzato nelle belle pagine della sua Rivoluzione francese, dove l'analisi sagace delle fonti ed i giudizi "personali " sono unitariamente fusi in un robusto concetto storico. Appunto per questo, tale opera ha un suo degno posto nella luminosa histoire d'une histoire che dalla signora di Stael giunge al Mathiez, e tuttora è in svolgimento e continuerà a svolgersi fino a che il problema della grande rivoluzione sarà vivo nella coscienza degli uomm1. • CARLO MoRANDI (Da "Belfagor," Firenze, 15 gennaio 1947.) Fu l'Italia prefascista una democrazia? Poi vennero gli anni dal 1901 alla prima guerra mondiale. Questi sono rimasti nella memoria di noi vecchi come l'età aurea dell'ltalietta uscita dal risorgimento. Giorgio Mortara 1 nel 1920 condensò in numeri indici i progressi economici dell'Italia, Francia, Germania e Inghilterra dal 1906 al 1910. In quei cinque anni, i numeri indici furono i seguenti: 296 per l'Italia, 205 per la Francia, 192 per la Germania e 55 per l'Inghilterra. Questo non vuol dire che l'Italia sia diventata allora piu ricca degli altri paesi. Vuol dire ' Mortata Giorgio, autorevole statistico ed economista. [N.d.C.J 540 Bib.lioteca Gino Bianco

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