Gaetano Salvemini - Il ministro della mala vita e altri scritti sull'età giolittiana

Introduzione a "L'Età Giolittiana " di W. Salomone elettori piu di questo, è domandare l'impossibile, in Italia, come in gua• I lunque altro paese del mondo. Indubbiamente, un corpo elettorale istruito, piu che un corpo eletto• rale ignorante, avrà una consapevolezza piu corretta delle ragioni per cui è malcontento, e di quanto ha il diritto di aspettarsi dai suoi rappresen• tanti. Ma molti professori d'università erano destituiti di qualunque senso comune, e nessuno li privava del diritto elettorale, anzi, piu d'uno era fatto senatore. Non c'è dubbio che il corpo elettorale italiano, nell'insieme, si trovava ad un livello di cultura inferiore a quello di altri paesi piu fortunati. La democrazia, sotto questo rispetto, aveva in Italia molto piu cammino da percorrere. . Le mancò il tempo. Nelle sue condizioni arretrate le alte autorità rrìi• litari e i politicanti nazionalisti trovarono la opportunità per abolire nel 1922 le istituzioni parlamentari, e per stabilire la dittatura fascista. Non sembra che i venti anni di questa dittatura - glorificata da infiniti turi• ferari italiani e stranieri - abbiano lasciato dietro a sé risultati piu bril• lanti che quelli della precedente imperfettissima democrazia. Nel parlamento italiano, fra il 1880 e il 1890, la divisione fra conser• vatori (destra) e progressisti (sinistra) scomparve. I due partiti, che si erano contrastati aspramente fino allora, si frantumarono in piccoli gruppi. Tutti si dicevano "liberali, " pur essendovi fra essi liberali di destra (piu conservatori), e liberali di sinistra (piu progressisti e sedicenti progressisti), ed erano tenuti insieme, come Salomone giustamente rileva, da legami per• sonali piu che ideologici. E tutti da sinistra a destra, e da destra a sinistra, erano sempre pronti a fare viaggi di andata e ritorno, quali colombe dal desio chiamate verso i portafogli ministeriali. L'Italia ignorava la praticà dei due partiti. Aveva la pratica delle "coalizioni governative," fuori delle quali vagavano anime in pena, gruppi e gruppetti contenti solo quando potevano mettersi sulle spalle anch'essi la cos1 detta "croce del potere." Rimanevano irriducibili all'opposizione (fuori del Parlamento) i clericali e gli anarchici, e, nel Parlamento, i socialisti e i repubblicani. Ma nel primo decennio di questo secolo, rimasero, fuori del Parlamento, i soli anarchici, e quei pochi repubblicani che non riescivano ad inghiottire la "pregiudi• ziale " antimonarchica. Ma da essi ogni giorno si staccava qualcuno, che non solo la inghiottiva, ma la digeriva con disinvoltura stupefacente. E nel Parlamento l'uno dopo l'altro socialisti e cattolici facevano lo stesso: come le pecorelle escon dal chiuso. Questo fu detto "trasformismo." E fu ed è tuttora considerato in Italia, e fuori d'Italia, come una abominazione pe• culiare dell'Italia. . . È questa sommaria condanna giustificata? In fondo la pa,rola "tra• sformismo " non significa altro che " trasformazione dei partiti. " Già Ca• vour, nel Parlamento subalpino, aveva fatto del "trasformismo" staccan• dosi dai conservatori della destra e associandosi al centro sinistro, che allora era per i conservatori piemontesi quel che oggi è il bolscevismo o il comu• 521 Biblioteca Gino Bianco •

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