Gaetano Salvemini - Il ministro della mala vita e altri scritti sull'età giolittiana

Lineamenti per una storia dell'Italia giolittiana Giolitti non insisté a negare la data del 1890: "io non ho da contraddire nulla alla parte sostanziale del discorso dell'on. Crispi." Davanti al comitato dei sette, ritornò a negare di aver mai conosciuto della relazione Biagini altro che le notizie, prima pessimiste, poi ottimiste, date dal Miceli. Ma il Miceli riaffermò che " tutti i ministri " erano stati d'accordo con lui che "le cose gravi" denunciate dal Biagini non si dovessero comunicare alla commissione parlamentare; fu "d'accordo col collega del Tesoro e con gli altri ministri" che egli ne comunicò solamente un riassunto castigato... Crispi ripeté che " Giolitti gli aveva detto che vi era del marcio nella Banca Romana." E vennero fuori due nuove testimonianze schiaccianti. Il Biagini, costrettm i dalle "ingiunzioni perentorie" del presidente della comm1ss10ne, dichiarò: Parlai con S. E. Giolitti, ministro del Tesoro, e gli esposi la situazione della ispezione eseguita... S. E. Giolitti non fece con me nessuna osservazione, ma con qualche esclamazione manifestò il suo disgusto. E il superiore gerarchico del Biagini, il direttore generale del Tesoro, Cantoni, disse: Verbalmente, ebbi notizia dal Biagini delle irregolarità da lui constatate ... Avendo poi io conferito in proposito coi ministri del tempo, ebbi da essi l'assicurazione ... che ogni cosa era stata posta in ordine. Fra questi "ministri del tempo" non poteva non esserci il ministro del Tesoro, Giolitti, che era il superiore gerarchico del Cantoni. In base a queste prove, il Comitato dei Sette giunse alla seguente conclusione: Dobbiamo pur ammettere, come infatti accertato, che era conosciuta tanto dal presidente del Consiglio (Crispi) quanto dall'on. Giolitti, la situazione della Banca Romana, quale risulta va dalla relazione Biagini. Il responso del comitato dei sette lasciava tanto poco adito a dubbt, che nella Lettera diretta ai suoi elettori del collegio di Dronero il 7 giugno 1894, l'autore delle Memorie passò sotto silenzio, senz'alcuna difesa, questa accusa. Erano ancora freschi nella memoria di tutti gli incidenti degli ultimi diciotto mesi. Era impossibile continuare nella tattica della negazione. D'altra parte non era piacevole e sarebbe stato offrire nuove armi ai nemici il riconoscere esplicitamente la verità dell'accusa. Non rimaneva che tacere. Nel 1922, sono passati trent'anni dagli avvenimenti, molti particolari sono caduti certamente nell'oblio; si può, dunque, ritornare alla tattica della assoluta negazione, che era stata provata dal 20 dicembre 1892 al 27 gennaio 1893, ma era fallita dal 16 febbraio 1893 in poi. Ed ecco che nelle 510 BibliotecaGino Bianco

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