Gaetano Salvemini - Il ministro della mala vita e altri scritti sull'età giolittiana

Disciplina militare ad ogni forma di governo legale, ossia a ciascuna delle varie espressioni dello Stato, nel corso della storia. Invece l'indisciplina, rivolgendosi contro l'ente governo, si può ritorcere contro tutte le sue forme. Ecco perché nessun partito, che aspiri al governo, può desiderare l'indisciplina militare. Se vogliamo parlare "in metafisica," diremo dunque che la disciplina è l'unica posizione propria all'esercito nella dialettica della storia. (Se non vi par chiaro e bello, o lettori dell'Unità, la colpa è tutta vostra.) Consideriamo ora un po' l'esercito italiano, e vedremo che purtroppo la disciplina vi è ridotta ai minimi termini. Secondo la nostra umile opinione, le cause e i sintomi di questo grave fenomeno, si possono cronologicamente cosI riassumere: 1. disciplina di convinzione nell'ultimo anno di guerra; 2. propaganda d'azione megalomane del governo e degli ambienti militari dopo Vittorio Veneto; 3. amnistia ai disertori; 4. impresa di Fiume e propaganda dannunziana; 5. promulgazione e r.imangiamento del primo decreto sul riordinamento dell'esercito; 6. ribellioni degli arditi a Trieste; 7. rimangiamento parziale del secondo decreto sul riordinamento del1' esercito; 8. ribellione dei bersaglieri di Ancona e della fanteria a Cervignano; 9. discorso del gen. Caviglia 1 al Senato. Analizziamo ciascuno di questi fenomeni. Dopo Caporetto la disciplina fu basata sulla propaganda ossia sulla persuasione. Il trattamento agli arditi e generalmente tutto il tono dell'ambiente militare nell'ultimo anno di guerra, dimostrano che la base della disciplina era persuasiva e contrattuale (" caro fante, vammi all'attacco e ti farò un regalo, magari ti darò la terra! "). Il soldato, che deve ubbidire, divenne insomma il combattente che bisogna convincere ed allettare: e appunto nel passare dal "soldato" al "combattente" si diede un profondo colpo al principio della disciplina. Ma non si poteva fare che cosL Giustamente fu fatto quello che fu fatto per risollevare l'animo d'Italia dalla catastrofe di Caporetto. E il nuovo comando supremo va lodato per il suo intuito sociale della guerra. D'altra parte sarebbe stata ridicola la preoccupazione di non creare precedenti: prima di tutto per l'urgenza dei problemi da risolvere, e poi perché era prevedibile che una guerra del genere di quella europea non si sarebbe ripetuta tanto presto; soltanto, a guerra finita, si doveva cambiar sistema e questo invece non venne fatto. Il "combattente" doveva tornar "soldato": ed invece divenne "il combattente sehza combattimento": sorsero cosI l'arditismo, il 1 Caviglia Enrico ( 1862-1945) generale, comandò l'armata sul Piave nel 1918; senatore dal 1919, fu ministro della Guerra nel gabinetto Nitti. [N.d.C.] BibliotecaGino Bianco

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