Gaetano Salvemini - Il ministro della mala vita e altri scritti sull'età giolittiana

Parlamento, governo ed elezioni mer_idionalinell'Italia giolit#ana dirle né ignorarle; mi sarei trovato in una' pos1z10ne falsissima.9 Inoltre· la mia candidatura avrebbe, reso impossibile il ~bloccodi tutti i pàrtiti pÒpolari, perché i repubblicani non avrebbero mai rinunziato al candidato proprio. E la divisione delle forze popolari sarebbe tutta riescita a vantaggio· del candidato cleric~le, conte Soderirìi, o del candidato giolittiano, avv. Valenzani. " Io risposi che, mi pareva strano che tutte queste cose· le dicessero or~ a me, invece di averle dette la ·mattina nell'adunanza del comitato. Oramai io ero impegnato col comitato. Delle combinazioni, che essi dicevano avvenute fra l'on. Bissolati e il cav. Vesci, io non sapevo nulla. Né avevo alcur.i obbligo di affidarmi alle parole di sconosciuti. E anche se le loro informazioni mi fossero state confermate dal Bissolati in persona, io non avrei avuto nessun dovere di ritirare la mia candidatura. E tanto meno avevo il diritto di far fare al mio comitato una magra figura, piantandolo in asso dopo avere accettato e dopo che il comitato aveva telefonata la mia accettazione ad Albano ed aveva già indetto un comizio per la stessa sera. Quanto alle pastette, che mi s1 preannunciavano inevitabili, io avevo ben 9 Di quanto la repubblica disse in quel colloquio, io non ho altre testimonianze se non quelle della repubblica stessa, la quale smentisce in massa di aver mai parlato di pastette. " Il Salvemini," ha scritto Costanzo Premuti nella " Ragione " del 7 novembre r910, "a proposito della discussione avvenuta innanzi al caffè Aragno non è veritiero quando dice che vi fosse il Petroni; perché vi erano invece Soldini, Levi ed io; ed a noi, data la opinione, che avevamo di esso Salvemini, non poteva saltate in mente la sciocca idea di avvertirlo di brogli fatalmente necessari per contrapporli a quelli di Valenzani, o di altra furfanteria, che esulò sempre dai nostri sistemi e daila nostra natura. " Ad illustrare la verità e la onestà di questa smentita, basterà che io riproduca qui il seguente passo di una lettera, stampata dall'avv. Petroni sul " Giornale d'Italia " del 4 novembre 1911: " Dichiaro essere insussistente che avanti al caffè Aragno sia stato fatto da me al Salvemini accenno alcuno a pastette: tale accenno fu bensi fatto, e in modo molto generico, ma da altra persona, ed io intervenni ad esprimere un'opinione contraria. " Dunque, la repubblica non è veritiera quando nega la partecipazione del Petroni al colloquio; e non è veritiera quando nega di aver parlato di pastette, perché lo stesso avv. Petroni ha riconosciuto che uno almeno dei quattro evangelisti repubblicani ne parlò, sia pure in modo molto generico. Quanto poi ai " sistem,i " e alla " natura " della repubblica, aborrente dalle pastette, il seguito di questa storia meravigliosa li documenterà a meraviglia. I " sistemi " e la " natura " personale, poi, del sig. Premuti risultano da questa deposizione res_a al Tribunale di Roma (udienza 31 ottobre) da Carlo Maranelli, professore di' geografia alla Scuola superiore di commercio di Bari: " Nel 1900, nelle elezioni del IV collegio di Roma, sezione sant' Ambrogio, mi trovai presente ad una discussione in cui il Premuti sosteneva la legittimità di far pastette pur di riuscire. " Durante la discussione della querela da me data all'avv. Petroni davanti al Tribunale di Roma, l'avv. Levi - un altro della repubblica - è venuto (udienza 27 ottobre) a smentire anche lui che davanti all'Aragno mi si fosse parlato di pastette; però ha dovuto ammettere: "È vero che l'on. Bissolati mi disse che il collegio di Albano non era adatto per la bandiera di moralità che spiegava il SalveminL Io trasmisi al Salvemini le idee del Bissolati, che sono accennate nella sua lettera ora letta," cioè nella lettera del 1° aprile (p. 165) in cui non si parla di altro che di... pastette inevitabili. Dunque, l'avv. Levi, " trasmettendomi " le idee del Bissolati, mi parlò innanzi all' Aragno precisamente di pastette inevitabili. L'avv. Levi, pur volendo smentire la relazione da me fatta del colloquio avvenuto innanzi all' Aragno, ha ammesso che un altro della repubblica, il Soldini, disse: " Professore, in certi casi la ribellione s'impone, s'impone I " Ed ha commentato: " Per me il Soldini dicendo ribellione voleva dire ritorsione ai sistemi di corruzione usata dai fautori del Valenzani. " E anche il Soldini (udienza 2 novembre) ha deposto di aver detto: " Guardi, professore, che nel nostro paese ci ·vuole la ribellione, ed è un'arma di ritorsione contro il sistema del partito del Valenzani. " Ora la ritorsione può essere di due specie: 1. violenta, e consiste nell'assalire le sezioni elettorali per impedirvi gl'imbrogli: e questa necessità io affermavo, come ha riconosciuto lo stesso avv. Levi, il quale ammette che io dicevo che " magari a viva forza sarei entrato nelle aule elettorali ": dunque, non c'era bisogno che la repubblica discutesse con me a questo riguardo; 2. fraudolenta, cioè contrapporre gl'imbrogli delle sezioni proprie agl'imbrogli delle sezioni avversarie: ed era questa la forma di ritorsione, che la repubblica innanzi all' A ragno preannunciava in opposizione a quella che, in caso di necessità, io mi credevo in dovere di suscitare ad esclusione assoluta di ogni frode. 174 BibliotecaGino Bianco

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