Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta non è stata. detta la parola fatale, finché non sarà partito il primo colpo di fucile. Nell'estate del 1914, la parola fatale fu detta dai governanti di Vienna d'accordo con quelli di Berlino. Furono essi che entrarono nel deposito del– le polveri con la miccia accesa. Senza dubbio speravano che tutto si sa– rebbe ridotto a una esplosione locale che non sarebbe andata al di là del set– tore austro-serbo. Chi lancia a pazza velocità un'automobile nella speranza di non incontrare nessuno sulla sua strada, è responsabile dei guai che so– pravvengono se le sue previsioni vanno a male. Ad ogni modo diplomatici austriaci e tedeschi erano deliberati ad affrontare una guerra generale se l'ul– timatum alla Serbia avesse avuto per effetto una guerra generale. Gli storici che fanno cominciare la storia al momento in çui il governo russo ordinò la mobilitazione e perciò gli attribuiscono la responsabilità del– la· guerra generale, dimenticano che il governo russo, date le sue condizioni militari, non aveva davanti a sé che due alternative: o cedere o mobilitare. Chi fa discendere la guerra generale dalla mobilitazione russa e Iion dall'ulti– matum alla Serbia, dovrebbe esplicitamente affermare il principio che il go– verno russo aveva l'obbligo di sottomettersi a qualunque minaccia i governi di Berlino e di Vienna credessero conveniente formulare: doveva o cedere sempre, o rendersi responsabile della guerra mobilitando. Se chi minaccia la guerra non trova resistenza, non c'è guerra; ma se la resistenza si manifesta, la responsabilità della guerra spetta a chi ha fatto la minaccia, non a chi ha resistito. Gli imperi centrali non furono "assaliti," ma si trovarono "impegnati" in una guerra che essi stessi avevano "provocata" con l'ultimatum alla Serbia. Se questa è l'interpretazione corretta dei fatti, la conseguenza è evidente per quello che riguarda il governo italiano. Questo non era obbligato ad in– tervenire a fianco di chi si trovava impegnato in una guerra, in cui non era stato attaccato ma in cui era il provocatore. Beninteso che il fatto di rivendi– care, nell'estate del 1914, il diritto di rimanere neutrale era una. cosa, ed un'altra fu nella primavera del 1915 passare dalla dichiarazione di neutralità alla dich1arazione di guerra contro gli alleati della vigilia. Ma di questo discuteremo- a suo tempo. Anche chi voglia adottare la dottrina, secondo cui la Germania e l'Austria furono attaccate, senza che avessero commesso nessun atto di provocazione, dovrà, se non altro, ammettere che in questo punto le opinioni sono discordi. Se ne discute non soltanto fra i pubblicisti reclutati dai governi interessati per fare "propaganda," non soltanto fra quegli storici dei paesi belligeranti che il patriottismo può deviare da un giudizio obiettivo, ma anche fra gli studiosi disinteressati e seri dei paesi neutrali. Essendo la questione, se non altro dubbia, si dovrà almeno accordare al governo italiano il beneficio del dubbio. D'altra parte non è affatto necessario ·intrigarsi nella questione della responsabilità per risolvere il nostro problema. 478 BibliotecaGino Bianco

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