Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta oriente, dovevano pagarlo e che la natura del pagamento doveva essere di– scussa col tamburino medesimo. San Giuliano offriva, dunque, agli imperi centrali un aiuto di cui questi non sentivano un'assoluta necessità, e domandava un pagamento che gli altri non intendevano fare. Per rendersi piu desiderabile, egli avrebbe dovuto con– tinuare la politica dell'equilibrio fra le Potenze centrali e la Triplice Intesa. Egli, invece, non avendo fiducia nella solidità della Triplice Intesa, aveva abbandonato la politica di equilibrio, e si era sbilanciato verso gli imperi centrali. Con tutto questo non riusciva a trasformare l'alleanza da un con– tratto di assicurazione in un contratto per acquisti. E non vi poteva riuscire, perché quanto piu si era allontanato dalla Triplice Intesa, tanto piu si era indebolito nella Triplice Alleanza. Faceva come chi rinunzia a dei possibili amici, si chiude da solo a solo in una stanza con un gangster piu forte di lui, e aspetta che il piu forte non abusi della propria forza. In queste condizioni e dopo tutti i documenti che sono stati pubblicati sui rapporti italo-austriaci, sembra a me che gli storici - o almeno quegli sto– rici che intendono rimanere fedeli ai fatti contro i propri pregiudizi persona– li - dovrebbero cessare dal parlare di un'Italia deliberata a "tradire" un' Au– stria candida, innocente e generosa come una colomba. Non si può parlare di "tradimento" fra uomini che non erano colombe e che conoscev_ano benissi– mo le intenzioni gli uni degli altri. Se proprio di un "tradimento" si volesse parlare, bisognerebbe dire che erano i diplomatici austriaci che erano deli– berati a "tradire" gli italiani considerando come un "pezzo di carta" il trat– tato di alleanza, e si tenevano pronti a punire come "tradimento" qualunque domanda gli italiani avessero fatto sulla base di quel trattato. San Giuliano era abbastanza intelligente per non vedere i pericoli della situazion€ in cui si era avventurato. Ma era profondamente imbevuto di quella "Realpolitik" che gli imperialisti inglesi, i pangermanisti e i nazionali– sti francesi avevano predicato e messo di moda negli ultimi decenni del secolo XIX e nel primo decennio di questo secolo. Aveva il terrore delle "mani nette." Pur di tenerle sporche le avrebbe tenute vuote. Era uno spirito piu brillante che solido, piu inquieto che agile, piu torbido che profondo. Amava i calcoli complicati e le manovre ambigue in cui potevano svilupparsi le sue capacità brillanti di improvvisatore superficiale. Sperava che le circostanze lo avrebbero aiutato. Quando il governo di Vienna avesse avuto bisogno del- 1'aiuto italiano per realizzare le sue ambizioni balcaniche, allora il problema dei compensi sarebbe sorto, e i diplomatici di. Vienna avrebbero consentito ai compromessi necessari: chi avrebbe avuto miglior filo, avrebbe tessuto mi– glior tela. La crisi del 1914 smentf tutte le sue aspettative. L'Inghilterra non rimase neutrale. La Francia rivelò che le sue ossa erano assai piu dure che San Giuliano non pensasse. La Russia si mostrò capace di dare parecchi colpi mortali all'Austria prima di cadere sotto lo sforzo. E i governi di Vienna e di Berlino si dimostrarono meno compiacenti di quanto San Giuliano non spe- 466 BibliotecaGino Bianco

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