Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza intenda fare una politica espansionista nei Balcani, o, m questo caso, che il governo austriaco sia disposto ad accordarsi sul terreno dei compensi; 4° che i governanti italiani continuino ad essere preoccupati dal pericolo di una riacutizzazione della questione romana. Finché queste condizioni rimarranpo immutate, la Triplice Alleanza ri– marrà incrollabile. Ogni volta che taluna di quelle condizioni oscillerà o verrà a mancare, subito la Triplice Alleanza attraverserà una crisi di assesta– mento. Quando tutti i quattro pilastri del sistema, uno dopo l'altro, saranno venuti meno, allora la Triplice Alleanza perderà per l'Italia ogni ragione d'esistere. Anzi la clausola dei compensi, dando luogo a contestazioni incon– ciliabili, porterà al naufragio della alleanza e alla guerra per gli alleati. '.È curioso che il conte di Robilant dové lasciare il Ministero degli esteri proprio nei giorni in cui si firmavano i documenti della nuova alleanza con gl'imperi centrali e della intesa mediterranea con l'Inghilterra. L'uomo di governo, al giorno d'oggi, deve essere metà uomo di Stato per poter governare saggiamente il paese, e metà artista da cinematografo per distrarre e illudere la folla. Robilant era solamente uomo di Stato. Al suo tempo non era stato inventato ancora il cinematografo. Il suo motto era faire sans dire. Pochissimi fra gl'italiani conobbero e conoscono tuttora l'ope– ra da lui compiuta per sistemare su basi solidissime la posizione internazio– nale dell'Italia. Egli riusciva antipatico ai deputati per i suoi atteggiamenti di nobile e militare piemontese. Aveva perduto una mano nelle guerre del Risorgimento, ma non possedeva abilità parlamentare, e non prendeva sul serio i legulei piccoli borghesi, che nella Camera parlavano di tutto senza sapere niente. Era la bestia nera degl'irredentisti, per la energia, con cui esigeva e otteneva che la loro agitazione fosse frenata e, in caso di necessità, repressa. Quando, nel gennaio 1885, il governo italiano occupò Massaua, egli aveva disapprovato questa impresa, in cui non vedeva nessun vantaggio per il paese. Arrivato al Ministero, dové subire le conseguenze della politica che aveva biasimata. Nel febbraio 1887, cinquecento soldati italiani diretti con quella leggerezza, in cui le autorità militari di tutti i paesi posseggono la inconte– stabile superiorità, furono massacrati in una imboscata dalle bande abissine. Alle prime confuse notizie dell'incidente, Robilant dichiarò sdegnosamente alla Camera, nervosa e tumultuante, che non bisognava lasciarsi impressionare da "quattro predoni." E in realtà l'incidente non aveva in sé importanza. Ma il paese era inesperto di imprese coloniali, e illuso dai giornali sulla facilità della impresa e sulla rapidità e grandiosità dei risultati. Perciò quel primo insuccesso sanguinoso fu come una grande scossa brutale data a un dor– miente. Come tutti avevano applaudito l'impresa due anni prima, cosf tutti furono ora convinti di non averla voluta mai. Siccome una responsabilità per quei 500 morti bisognava bene trovarla, la trovarono bella e pronta nel ministro degli esteri, il quale aveva negato l'importanza di quel che avve- 330 BibliotecaGino Bianco

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