Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

"Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 attitudini organizzatrici non sarebbe probabilmente riescita a produr~e. Se i francesi consentiranno agl'ltaliani l'acquisto della terra senza che essi debbano rinunziare alla loro nazionalità, e non opporranno ostacoli allo sviluppo delle nostre scuole, i principali motivi di attrito saranno eliminati: e ci sembra impossibile che il nostro Governo non abbia provveduto in questi giorni anche a risolvere siffatti problemi. Con questo noi non " rinunziamo" a niente per tutta la eternità dei secoli: nessuno può ipotecare l'avvenire. Se mai si determinerà fra l'Italia e la Francia un dislivello tale di ricchezza, di coltura, di buona amministrazione, che· gl'italiani di Tunisia si metteranno ad invidiare gl'italiani della Sicilia e della Sardegna, e si sentiranno attratti irresistibilmente verso la madre patria, e lo dimostreranno con taluna di quelle prove che sono andate intensificandosi nei paesi italiani dell'Austria da mezzo secolo in qua, allora sarà il caso di esaminare anche per la Tunisia il problema dello stato giuridico internazionale. Ora come ora, abbiamo fondati motivi per ritenere che gl'italiani, con tutti gl'inconvenienti della situazione attuale, si trovino meglio in Tunisia che in Sicilia, tant'è vero che emigrano dalla Sicilia in Tunisia. Lasciamo, dunque, che il capitale francese e il lavoro, italiano continuino l'opera comune. Per quel che riguarda Biserta e Malta e Pola è strano conie l'Hartmann non veda la differente importanza, di fronte all'Italia, di questi problemi. Il Mediterraneo è un mare di molti padroni: se gl'inglesi hanno Malta, no~ abbiamo Augusta, Messina, Taranto; se i francesi hanno Biserta, noi abbiamo la Maddalena; con l'entrata della Russia nel Mediterraneo e col consolidarsi della Grecia in potenza navale, si moltiplicheranno le forze che concorreranno in questo mare, si renderà sempre piu assurda ogni pretesa di dominio esclusivo, tutti saranno obbligati ad uno sforzo piu sistematico di equilibrio e di equità. Nell'Adriatico, invece, grazie al possesso di tutte le coste orientali, e grazie alla infelicità di tutte le coste occidentali, l'Austria è sola padrona: e in questo assoluto dominio tende a sostituirsi all'Austria la Germania, piantando una signoria politica tedesca dove hanno diritto di rimanere senza padroni estranei i soli popoli, che abitano le coste di oriente e di occidente, italiani e slavi. Che meraviglia se, in queste condizioni, italiani e slavi s'intendano per resistere ad un'ambizione minacciosa agli uni e agli altri, e cerchino dei compromessi per sistemare la condizione giuridica dei territori misti, affinché fra i due litiganti non goda piu il terzo estraneo? In questi ragionamenti - uno storico potente come l'Hartmann dovrà riconoscerlo, allorché sarà passata la passione nazionale di questo momento - non c'è nessun preconcetto di dividere il mondo a fette, vedendo tutto il bene in Francia e in Inghilterra, e tutto il male in Germania. C'è solo una necessità vitale: quella di graduare i problemi secondo un ordine di gravità e di urgenza. E si deve a questa necessità se, preoccupati di quel che avviene alle porte di casa nostra, non riesciamo a pensare con sufficiente intensità alla Persia, alla Cina e al Giappone. Noi sappiamo benissimo che dalla vittoria della 518 Biblioteca Gino Bianco

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