"Come siamo andati in Libia'' e altri scritti dal 1900 al 1915 suadere; e desidero soltanto, che tra noi s1 venga ad una litis contestatio, e nella grande palestra della storia ad una soluzione pratica dei problemi, che ci interessano, soluzione, · che porti senza sacrifici di sangue ai due popoli cosi all'italiano come al tedesco, vantaggi duraturi e reciproca conoscenza. Le differenze sorgono sovente non dai principi, ma dal giudizio delle questioni di fatto. Lei scrive, che i Corsi non desiderano l'annessione all'Italia. Io non lò so. La mia esperienza storica mi dice che i territori nazionalmente chiusi, come la Corsica, ridestandosi, si sentono attratti da invincibile forza verso i loro connazionali. L'espe~ rimento di un plebiscito è purtroppo, date le circostanze attuali, escluso, sebbene la Francia sia una repubblica. Lei sembra rinunziare anche a Tunisi che 30 anni fa era ancora per l'Italia una ferita rovente e dove ancor oggi vivono piu italiani che francesi, e Biserta e Malta, che assieme signoreggiano il Mediterraneo, Le sembrano meno pericolose di Pola, che nell.'Adriatico possiede una pura importanza locale. Considerato esternamente ciò sembra inconseguente, suggerito forse dall'inconscio desiderio di vedere l'occidente in luce rosea, il settentrione nell'oscurità. Questa è però una questione che gli italiani devono sbrigare colla loro propria coscienza. Altrimenti stanno le cose riguardo Trieste e l'Istria occidentale. L'amico Rignano descrive con calore l'ideologia nazionale, che si è formata storicamente, i sentimenti di solidarietà che l'inabile politica del governo austriaco ha accresciuto, sentimenti, che, se sono concepibili nelle loro origini non possono però resistere al cozzo colla realtà. Poiché rimane il fatto, che la soluzione di tali questioni riflettenti minoranze nazionali non è trovata, senza che maggioranze nazionali non ne vengano violentate. L'argomento sociologico del Rignano non mi sembra invece poter sussistere. Nei tempi moderni, nei quali l'immigrazione dalla campagna nei centri commerciali ed industriali aumeta sempre piu, non è la nazionalità della città chiusa, che nel processo storico tiene il sopravvento, sibbene la nazionalità della popolazione campagnola immigrante. Noi tedeschi dell'Austria che, purtroppo, siamo anche troppo esperti in questioni nazionali, osserviamo ciò con non poco dolore nel cambiamento, che si svolge in riguardo nazionale nelle città tedesche, chiuse in territorio czeco. Ed in Dalmazia, lo ammettete pur voi, s'è compiuto lo stesso processo. Ed io non credo neanche, che la proposta di Ri-. gnano sia adatta a far sparire le difficoltà della questione ed a sciogliere il problema di Trieste. Come può venir la città divisa dal suo hinterland, cui è unita economicamente? Può essa sussistere, se ai suoi limiti si elevano le barriere doganali dello Stato? È probabile, che due stati si sopportino a vicenda su un territorio cosi esiguo? Tutte queste sono questioni di fatto; altrimenti stanno le cose per le " considerazioni," aggiuntevi dall'Unità; poiché queste sono questioni di principio. Vi si parla di un'egemonia germanica in Europa; dove esiste quest'egemonia? La Germania dal 1871 in poi ad onta della miglior situazione della sua politica estera, non ha mai aspirato a conquiste in Europa e si è accontentata del suo possesso nazionale; mentre l'Inghilterra aumentò il suo immenso impero coloniale e la Francia se ne creò uno, la Germania si è dichiarata soddisfatta col poco che le si è riservato in Africa e nella crisi marocchina ha ceduto. La Germania nel suo amore per lo status quo non è andata tanto innanzi da sopprimere, seguendo le idee di Bismarck, colla massima energia tutte le tendenze, che volevano condurre ali 'unione dei paesi tedeschi, appartenenti all'Austria, all'impero germanico? Ma anche oggi essa segue la medesima politica di sobrietà nazionale. Troppo facilmente si dimentica all'estero che l'impero germanico ha offerto all'Inghilterra di rispettare l'integrità belga, che la monarchia austro-ungarica alla Russia ha assicurato il rispetto del territorio serbo. Non sono dunque tendenze conquistatrici delle potenze cenbedue ne " L'Unità," a. IV, n° 20, 14 maggio 1915, pp. 677-79. Ristampato ne L'Unità di Gaetano Salvemini, pp. 390-98. [N.d.C.] 514 BibliotecaGino Bianco
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