Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

'· Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 19()() al 1915 Salandra sul sacro egoismo e sulle aspirazioni nazionali suscitavano gli applausi di quasi la intera Camera; l'on. Giolitti in persona proclamava che " parecchio " si poteva conseguire anche grazie alla neutralità. Il ministero Salandra non sarebbe durato un giorno solo, se avesse dichiarato l'assoluto disinteressamento dell'Italia dalla crisi mondiale. Bisognava trattare. Noi non abbiamo mai guardato con soverchio entusiasmo queste trattative, in cui il nostro paese appariva un po' ricattatore e un po' mendicante. L'intervento dell'Italia, secondo noi, era voluto, indipendentemente da ogni preoccupazione di acquisti o di perdite territoriali, dalla triplice ·necessità: 1) di assicurare la indipendenza del paese contro i danni di un predominio austro-germanico; 2) di impedire che il mondo fosse per sempre demoralizzato dal trionfo di imprese brigantesche quali le aggressioni della Serbja e del Belgio; 3) di contribuire a un nuovo assetto europeo, che sulle rovine dell'imperialismo germanico e a spese dell'impero austro-ungarico, assicurasse alle nazioni d'Europa una piu larga giustizia, una piu serena vita e quindi una pace piu solida e non piu soffocata e resa precaria dalle pazze spese militari. Che nel partecipare alla soluzione di questi grandi problemi umani, l'Italia cercasse anche la soluzione di un suo speciale problema di integrazione e di sicurezza nazionale era legittimo ed era necessario, ma anche se non avesse avuto da promuovere nessun interesse suo speciale, l'Italia avrebbe dovuto, secondo noi, partecipare alla guerra antigermanica: il problema speciale italiano andava coordinato col generale problema europeo: e siffatta coordinazione non poteva avvenire se non in un sistema di politica antigermanica. Ma quest'ordine d'idee, - che escludeva ogni trattativa, e consentiva di scegliere a nostro agio il momento d'intervenire, e ci avrebbe permesso anche di non intervenire mai ed accettare senza guerra il vassallaggio tedesco se le vicende della guerra avessero dimostrato vano sacrifìzio ogni nostro tentativo di liberazione - quest'ordine di idee non ebbe fortuna: appariva troppo disinteressato, troppo teorico, troppo donchisciottesco. Italiani s'aveva ad essere, non europei: se potevamo accomodare i fatti nostri anche senza guerra, perché uscire dalla pace? E il principio delle trattative fu accolto: - dagl'interventisti, perché prevedevano che le offerte della Gerqiania e dell'Austria sarebbero state irrisorie e dal fallimento delle trattative sarebbe venuta la guerra -; dai neutralisti, perché speravano che le offerte fossero abbastanza laute: e ad ogni modo quando tutto si riduce a discutere su un po' piu o un po' meno di chilometri quadrati, c'è sempre modo di dichiararsi soddisfatti qualunque sia la mancia promessa all'ultima ora. Nelle trattative, il barone Macchio ha mandato le cose per le lunghe, ha disputato il terreno delle concessioni a palmo a palmo, ha messo l'on. Sonnino nel bivio o di accettare proposte puerili o rompere ogni conversazione e dichiarar guerra. Ma guerra non si poteva dichiarare senza prima essersi accordati con la Triplice Intesa: occorreva preparare il nuovo sistema diplomatico, che sostituisse l'antico non appena il barone Macchio, avesse esaurito 512 BibliotecaGino Bianco

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