'' Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 tino, che il governo austriaco sarebbe disposto a cederci " rimediando cos1" laus Deol "al torto che ha fatto a suo tempo alla nazione italiana"; quale garanzia avremmo noi che l'Austria e la Germania, uscite grazie alla nostra benevola neutralità dai pericoli di questa guerra, non ci saltino addosso alla prima occasione, facendoci pagare capitali ed interessi? A chi chiederemmo aiuto, dopo che, con la nostra solidarietà verso la Germania e l'Austria, ci fossimo resi odiosi, o per lo meno indifferenti, all'Inghilterra, alla Russia, alla Francia? Tutte le nostre garenzie dipenderebbero dalla buona fede della Germania e dell'Austria. Ma si può parlare piu di buona fede di questi paesi, dopo le aggressioni alla Serbia ed al Belgio e soprattutto dopo che queste aggressioni sono state approvate da tutti i cittadini della Germania e dell'Austria, compresi i professori d'università ed i socialisti? Noi non ci dissimuliamo, certo, i sacrifici, a cui il nostro paese va incontro. Ma non dipende da noi l'affrontarli e lo sfuggirli: una forza, piu potente di_ ogni nostra volontà, ci trascina: e questa forza l'hanno messa in moto, con la loro folle iniziativa guerresca, i governi, a cui è amico l'Hartmann. Molte altre cose, che l'Hartmann scrive oggi per distogliere l'Italia dall'intervento, avrebbe ben potuto dirle, nell'ultima settimana dell'agosto 1914, per protestare contro il feroce ultimatum del Governo austriaco alla Serbia, che è stato l'origine della carneficina attuale. Quello era il momento di essere umanitari per l'Hartmann, e per tanti e tanti uomini d'ingegno e d'autorità dell'Austria e della Germa~a. Invece tacquero o mentirono. Perché tacquero allora? Perché parlano ora? Perché il desiderio di evitare le ecatombi non lo sentirono allora per il loro paese, e lo sentono solo oggi, per il nostro? La pietà per i dolori della guerra è per i tedeschi, un articolo destinato esclusivamente alla esportazione nei paesi neutrali? Guerra e classi dingenti 1 Caro Sa/vernini, Nella lunga nota che tu hai apposta all'articolo da me pubblicato nel n. del 26 marzo dell'Unità, ti sei occupato soltanto di ciò che io dicevo nei primi periodi, associandomi alle idee espresse dall'amico Maranelli, e hai trascurato il rèsto, che era la parte sostanziale del mio ragionamento. Io non so pertanto se tu sia interamente d'accordo 1 Ne ." L'Unità," a. IV, n° 19, 7 i:naggio 1915, pp. 675-6, Ugo Guido Mondolfo ritorna sulla quest10ne della ~erra e cioè sulla deficienza delle classi dirigenti. Data l'importanza dell'argomento, che riguarda non soltanto la politica interna, ma anche il problema mag506 .Biblioteca Gino Bianco
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