"Come siamo andati in Libia" e altri scritti dal 1900 al 1915 dal punto di vista pratico un'annessione di queste terre all'Italia, dovesse essa mai succedere, sarebbe in seguito un regalo precario; poiché l'Italia avrebbe da difendere l'Istria e la Dalmazia contro la potenza dominante il hinterland e dovrebbe sprecare le sue forze in una lotta alla fine infruttuosa. Il mare Adriatico non diverrebbe mai un mare prettamente italiano anche se Trieste, il porto concorrente di Venezia, potesse essere in possesso del regno d'Italia, perché gli slavi non darebbero pace e coll'aiuto di Dio o del diavolo, specialmente però coll'aiuto della Russia, si sforzerebbero ad ottenere uno sbocco sul mare senza contare che anche fa Germania sarebbe lesa nei suoi interessi vitali se al sud al suo commercio fosse difficoltato o chiuso lo sbocco al mare. Quest1è la situazione reale. L'Italia è al bivio. Una via conduce fino ai confini naturali e storici dell'Italia, è la via della vera politica nazionale, della virtu politica. L'altra conduce nell'incerto ed indeterminato, è la via della conquista imperialistica, del vizio politico, che oggi e da cent'anni ha portati i popoli europei in inutili complicazioni ed inutili guerre. La prima via è, sembra, oggi aperta, senza che l'Italia abbia inutili sacrifici di vite umane, senza trascinare su sé gl'innumerevoli dolori di una guerra se è vero che l'Austria -appare agli italiani nella malaugurata epoca del suo dominio in Italia come il tipo dell'oppressore nazionale, è pronta a cedere le terre veramente italiane e rimediare cioè al torto fatto a suo tempo alla nazione italiana. Non si è chiamata a torto l'Austria lo • stato delle buone occasioni lasciate scappare. Vorranno gli uomini di stato italiani, seguaci di Cavour, vorrà il popolo italiano, allevato al culto mazziniano delle nazioni,· far suoi gli errori austriaci? L'Italia, la cui gloria è aver alzato il vessillo dell'unità nazionale, non deve, immemore delle sue tradizioni, immemore del suo profeta, che ha proclamato la santa unione dei popoli uniti nazionalmente, aspirare a conquiste a spese di altri popoli, non deve scendere la via per tali conquiste, negando i principi da essa proclamati. La coscienza italiana non deve paventare il plebiscito dei popoli, che essa vuol annettersi. Appunto l'Italia deve dimostrare che il principio nazionale è una cosa santa e non un pretesto per detestabili e deplorevoli brame di dominio. L'Italia, la cui forza e grandezza consiste nel non avere nel suo seno alcun popolo straniero desiderante l'unione colla madre patria, non deve compiere il delitto contro il santo spirito della storia e macchiare il suo scudo nazionale. Si dice, che tra l'Italia e l'Austria si tratti per la cessione del Trentino ed una regolazione dei confini all'Isonzo; si dice, che il corso delle trattative non sia stato sfavorevole; si dice, che ora le trattative vengono dall'Italia tirate per le lunghe. Perché? Supponiamo che sia cosi. Si dice che gli uomini politici italiani sperano che l'alleato di un giorno si veda messo alle strette e conceda di piu; essi sperano di concorrere a ciò, perché l'Austria causa questo contegno è costretta a lasciare sulle Alpi qualche centinaio di migliaia di uomini, che nei Carpazi potrebbero giovare. Un tale modo d'agire può essere diplomatico, porta però con sé il pericolo di un conto falso e di uno sviarsi al momento giusto. Sembra che si disistimi la forza degli imperi centrali e quell'enorme, entusiastico spirito d'organizzazione dell'impero e del popolo germanico, unico esempio esistente nella storia. Sembra che si voglia seguire gli antichi sentimenti d'odio verso la monarchia austro-ungarica nel momento, in cui il comandamento di una sobria politica e la giustizia. esigerebbe di reprimerli. E dappertutto in Italia si chiede l'intervento. Si, è l'intervento divenuto scopo a se stesso o è senza scopo se la nazione ha raggiunto ciò su cui essa crede avere un diritto? Sanno gli uomini che chiedono l'intervento, quale responsabilità assumono di fronte alla nazione ed all'umanità? Sanno essi che c'è un solo passo tra il monte capitolino e la rupe tarpea? Che il momento psicologico può passare e non ritornare piu per secoli? Che mettono in giuoco leggermente l'invidiabile posizione d'Italia, che quale unica grande potenza non coinvolta nella guerra europea, può conseguire senza sacrificio il fine delle sue aspirazioni? Vogliono essi sacriticare ad un idolo che non conoscono, ad una chimera che inseguono, ecatombe di uomini? Non griderà loro la nazione, ch'essi credono di rappresentare: perché? Luoo M. HARTMANN 502 BibliotecaGino Bianco
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