Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

Italia e Austria sottrarrà alla legge storica che vigila nel cuore dei popoli e per cui tanti eroi hanno versato il loro sangue? Chi vorrà opporsi ad essa legge, senza temere la punizione della storia fissata da Dante nell'ultimo cerchio del suo Inferno per i traditori della patria? Si, ci sono giuste aspirazioni nazionali, che nei popoli colti non si smentiscono mai e per le quali questi popoli sono sempre pronti a far valere tutte le loro forze. Il movimento dell'unità d'Italia, che ruppe tutte le catene impostegli non è giunto nel 1859-60, 1866 e 1870 alla sua ultima meta. La Corsica all'occidente ed il Trentino all'oriente appartengono nazionalmente e per la loro coltura all'Italia. La prova della giustezza di quest'affermazione che per ogni italiano è un dogma, potrebbe essere portata in un'Europa piu democratica da un plebiscito. Anche oggi in questo caso è la diplomazia che tratta e cerca all'occasione di falsare la volontà dei popoli. f. questo il suo modo d'agire, essa spia una costellazione possibilmente favorevole per soddisfare i suoi desideri, non pone davanti agli occhi suoi una mèta precisa, e, non identifièandosi col diritto popolare del libero arbitrio, calcola, secondo l'abitudine rimastale dal tre marzo, l'acquisto che può ottenere, secondo chilometri quadrati, come se oggi la forza di uno stato potesse basarsi sull'entità in chilometri quadrati della sua superficie, non sull'unità della sua popolazione. Il giuoco della diplomazia diventa un baratto; essa è come il sordido usuraio, che non vede che la quantità dei beni che gli è dato raggiungere, e non si chiede quali di questi beni egli potrà sfruttare per il suo uso, come l'usuraio, cui non è misura la legalità di quanto egli può acquistare, ma il danno che egli può affibbiare al suo concorrente. La nazione ha davanti a sé un mèta chiara; l'unione di tutti gli italiani; fino a che punto, questa è questione di fatto; qui non valgono i desideri ma la realtà dello sviluppo sto1ico. Non si può decretare, che sia italiano un paese dove la popolazione sia tedesca o slava, come non si può decretare che la Corsica sia francese o il Trentino, tedesco. I confini nazionali al settentrione d'Italia non si sono mutati da oltre un millennio e mezzo ad onta di tutti i movimenti politici. Quando il generailissimo bizantino N arsete nel 560 d. C. pose i confini della romanità contro i Germani, egli li assicurò con una serie di fortificazioni, costruite nell'immediato settore settentrionale di Trento. I longobardi, che successero all'impero bizantino, per confondersi poi nazionalmente nel popolo italiano, si accontentarono del medesimo confine contro i Bavari ed i Franchi prementi al nord. La invasione fu fermata a Salorno e ad ovest rimasero Val di Non e Val di Sole, gli ultimi contrafforti d'Italia al Nord. Oggi non è altrimenti. Il Trentino vero e proprio, a sud di Salorno, è tutto italiano; all'incontro nella città e nei dintorni di Bolzano di fronte a 95.000 cittadini austriaci gli italiani non sono neanche 5.000. A levante dell'Italia settentrionale la zona italiana chiusa finisce alle foci dell'Isonzo, l'anticb confine italiano ed all'Iudrio. Tutt'altri rapporti piu ad oriente ed alle coste deil Mare Adriatico. Nella città di Gorizia è bensi ancora un buon terzo degli abitanti italiano, nella campagna gli italiani sono soltanto 2.800 cioè 4% di oltre 73.000 abitanti. In Istria stanno 223.000 slavi di fronte a 147.000 italiani, che abitano prevalentemente alle coste; a Trieste sebbene la popolazione italiana sia doppia di quella slava, tutto il hinterland è slavo. In Dalmazia nel dominio della cessata repubblica veneta accanto a 611.000 slavi gl'italiani abitanti alle coste sono appena ancora 18.000. Può esser deplorevole che in queste regioni l'elemento slavo meno colto preponderi con masse cosi ingenti sull'elemento italiano. Tuttavia non si può rimediare a questo fattò come all'altro che l'esistenza degli italiani nelle città rende impossibile l'affermazione delle aspirazioni nazionali di questa diaspora di circa 300.000 uomini (Trieste compresa) abitanti su una superficie di piu di 20.000 chilometri quadrati con una dimensione in lunghezza di oltre 600 chilometri. I milioni di Slavi, che da un millennio occupano quei paesi non possono venir occultati, non si possono far sparire dailla terra e giunti ormai anche loro, alla loro coscienza nazionale, non tollererebbero mai di venir trattati come popoli colonizzabili. Gli italiani di queste terre sono nella medesima infelice e disperata situazione degli abitanti delle città tedesche del territorio nord-slavo, specialmente nelle regioni tceche, che devono la loro esistenza ad un simile fenomeno di urbanesimo. Ma anche 501 BibtiotecaGino Bianco

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