! l popolo italiano e la guerra quale gloria e prosperità per l'Italia, e per trascinare l'opinione pubblica cer~a. di attenuare la visione delle difficoltà, dei sacrifizi, dei dolori, e di esagerare la prevmone dei vantaggi che l'intervento in guerra potrà arrecarci. Per questo ci pare estremamente utile che si facciano sentire nel paese parole sensate e ragionate come quelle del Maranelli (pubblicate nel penultimo numero dell'Unità), anche se per avventura la opinione di lui (con la quale per altro io dichiaro di essere perfettamente d'accordo) contenga un troppo modesto apprezzamento dei vantaggi territoriali che dalla guerra potrà avere l'Italia. E questo per molti motivi. Primo, perché occorre resistere con tutte le forze alla follia imperialista, che mentre fa appello ai diritti della nazionalità, sogna co?quiste e domini dell'Italia su altre nazioni, e pretende di assegnare un compito di organizzazione e di incivilimento in altri paesi a uno stato che ha dato in mille occasioni cosi miserando spettacolo di disorganizzazione e di incultura e ha lasciato per tanti anni e lascia sussistere tuttora, anche alle porte di Roma, sopravvivenze di vera barbarie. Secondo, perché il vantaggio che potrà, per qualsiasi via, derivare all'Italia dalla guerra, non sarà certo misurato a chilometri quadrati. L'Italia è un paese non ricco di denari, molto ricco invece di popolazione: ha quindi bisogno che siano sicure le vie del mondo che percorrono i suoi emigranti, e ha bisogno di evitare ogni sperpero di capitali. Difficilmente potrebbe pertanto esservi un paese, in cui alla immensa maggioranza debba star tanto a cuore, come in Italia, la conservazione e la sicurezza della pace. Il vantaggio maggiore della guerra starà quindi per noi nella sicurezza di pace che l'assetto da essa instaurato saprà darci: pace tranquilla, non insidiata da ingordige e da competizioni, non minacciata né da se!e insoddisfatta di libertà, né da bramosia insaziata di dominio. Anzi un soverchio ingrandimento territoriale sarebbe pericoloso per noi, non soltanto in quanto - come fu detto piu volte - verrebbe a creare nuovi moti irredentistici entro i confini del nostro _stato, ma anche in quanto ci obbligasse a disperdere per l'organizzazione e il miglioramento di altre terre le energie e i capitali, di cui abbiamo bisogno per migliorare le 'terre nostre e svolgere in casa nostra le nostre attività. Per questo anzi io mi auguro ardentemente che il passaggio dei Dardanelli sia aperto prima che l'Italia abbia, eventualmente, ad intervenire nella guerra, affinché gli altri stati non si sentano in obbligo di offrirci il compenso di qualche acquisto territoriale in Asia Minore, che sarebbe veramente (a mio parere) un mezzo disastro per noi. ,Mi pare anzi opportuno accennare a questo riguardo ad un punto che ha per l'Italia una grande importanza e su cui mi propongo di tornare altra volta. Se l'Italia dovrà decidersi ad entrare nel conflitto, essa tratterà prima, naturalmente, con le potenze della Triplice Intesa, per stabilire i compensi che le saranno dati alla stipulazione della pace. È pacifico che tra questi compensi debbano essere il Trentino strettamente italiano e il Friuli orientale, è controverso che debbano esserci l'Alto Adige e l'Istria e Trieste e Fiume, piu controverso ancora che debba esserci la Dalmazia; ma viceversa c'è chi vorrebbe anche la Corsica, la Tunisia, il Dodecanneso, e inoltre l'accennato boccone dell'Asia Minore. Ora spetta a noi di far intendere che lo stesso acquisto del Trentino e del Friuli orientale non ha valore in quanto aggiunge territorio e sudditi (cioè, nella concezione di alcuni, soldati) all'Italia; ma in quanto nsolve un problema di nazionalità. elimina una ragione di conflitto, diventa perciò un coefficiente di pace. Appunto perché è incerto o è da escludersi che l'acquisto degli altri territori darebbe lo stesso risultato, appunto per ciò è dubbio o è da escludersi l'utilità di tale acquisto; anzi per alcuni è certo che il danno sicuramente prevedibile sarebbe superiore ad ogni presunto vantaggio. Altri compensi sono quelli che noi possiamo e dobbiamo, all'occasione, richiedere: regime della porta aperta nelle colonie francesi del Mediterraneo; convenzioni commerciali da far valere anche nel caso che la guerra non riuscisse all'auspicato abbassamento generale delle tariffe doganali; garanzie a favore della. nostra emigrazione in Francia, in Tunisia, in Egitto, in Algeria ecc. E bisogna che quanti vogliono tener lontano 495 Biblioteoa Gino Bianco ,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==