"Come siamo andati in Libia" e a/,tri scritti dal 1900 al 1915 Dice l'on. Podrecca a p. 30 del suo libro: Con non grossa spesa si potrebbe dotar di un porto Bengasi, ed esso cosi. diverrebbe scalo del fertile e vastissimo territorio che la circonda, attivando con l'Italia un proficuo commercio. Ecco invece che cosa annunzia a questo proposito il Corriere della Sera dell'l l settembre : Sono giunti il comm. mg. Maganzini, e il comandante De Rosa, per studiare sul luogo il grave problema del porto d1 Bengasi, ed hanno constatato una serie di difficoltà che ne rendono la sdluzione lenta ed ardua. Tali difficoltà debbono attribuirsi alla qualità del fondo costituito di tufo non - facilmente escavabile ed alla violenza del mare, che ostacola i lavori, tantoché Ue due draghe attualmente impiegate per l'escavo del progettato canale di approdo, asportano ciascuna soltanto duecentotrenta metri cubi al giorno di materiale, e sinora non ne hanno scavati che 14.880 metri cubi sui 290.000 da escavare. Si è quindi deciso di accelerare l'opera mercé il concorso di altre draghe e frangiroccie; ma la profondità del canale verrà limitata per ora a quattro metri per permettere l'accesso almeno alle siluranti ed ai navigli di minore pescaggio, mentre per le navi postali e per i piroscafi. di maggior tonnellaggio si provvederà in seguito. Si sta studiando un progetto per destinare al futuro porto una llocalità lievemente piu a nord, che richiederebbe un minor dispendio di tempo e di denaro per essere trasformato. Ora questo nuovo porto, meno costoso, secondo un'intervista concessa dal comm. Maganzini alla Tribuna del 26 settembre, costerà semplicemente 25 milioni, oltre ai quattro o cinque milioni necessari a sistemare alla meglio il porto antico. La spesa - direbbe l'on. Podrecca - è... non grossa. Dopo di che non ci resta che aspettare un altro annetto per sapere quali sorprese ci riserva il nuovo progetto. In attesa, consoliamoci al pensiero che molti porti, che dovranno lasciare la precedenza al porto di Bengasi, potrebbero essere in Italia sistemati senza grandi difficoltà e con poca spesa e compenserebbero ad usura il sacrifizio finanziario con uno sviluppo economico sicuro. Quanto, poi, ad esaminare se il commercio del territorio bengasino e del retroterra possa essere mai tale da meritare la spesa necessaria a creare assolutamente ex novo un porto cos1 difficile, queste sono malinconie economiche, a cui non è il caso di dare importanza in quest'anno di grandi entusiasmi e di grandi affari. E il porto di T obruk_ Ricordate, amici lettori, le descrizioni enfatiche di Tobruk, la nuova Spezia, la nuova Biserta, la base navale da cui l'Italia avrebbe dominato tutto il Mediterraneo orientale, l'angolo di "terra promessa" ricco naturalmente di vegetazione e di acque? 276 BibliotecaGino Bianco
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