Gaetano Salvemini - Come siamo andati in Libia

"Come siamo andati in Libia" e a/,tri scritti dal 1900 al, 1915 scuna delle quali è necessaria un'opera diversa di c~lonizzazione, mal concepibile con una unica amministrazione locale. La costa sirtica e il suo retroterra separano, piu che unire, i due paesi, la cui via naturale di comunicazione è il mare, e ognuno dei quali ha un hinterland proprio, del tutto indipendente da quello dell'altro. E il fissar bene fino da ora questi principi, eliminerebbe o almeno ridurrebbe di molto il pericolo di grandiose imprese ferroviarie di allacciamento destinate ad essere eternamente passive e che non tarderebbero ad essere propugnate dai soliti speculatori di alto rango. Non sarebbe necessario distinguere in ciascuna delle due colonie la zona civile, già conquistata e almeno relativamente pacificata, dalla· zona militare, destinata ad avanzare gradatamente per chi sa quanti anni? È prudente e utile . tenere un paese cosi vasto, per un tempo troppo lungo, sotto un'amministrazione militare? Ognuno faccia il suo mestiere. I soldati devono fare la guerra, e non pretendere di amministrare anche i paesi occupati al di là del periodo in cui si ha il vero e proprio stato di guerra. Ricordiamoci i guai che ci procurò nella Colonia Eritrea l'amministrazione militare. E indipendentemente da questa considerazione, non è necessario e giusto, nella zona pacificata, togliere agl'impiegati civili e militari i soprassoldi di guerra e cominciare una buona volta a limitare le spese? La Libia deve, dunque, rimanere eternamente la terra promessa della piccola borghesia burocratica e il deserto dei contribuenti italiani? Non sarebbe ora di cominciare a organizzare sistematicamente un corpo di milizia coloniale, al quale è sperabile si iscrivano tutti i nazionalisti e tutti i piccoli borghesi spostati, di cui sovrabbonda l'Italia, in modo che la guerra non sia continuata piu a lungo con truppe di leva cioè colla pelle dei nostri contadini ed operai? Non è necessario istituire al piu presto nel ministero delle Colonie - già che c'è oramai... - all'infuori e al di sopra della burocrazia e accanto al ministro, un consiglio superiore consultivo per gli affari musulmani, formato dai nostri migliori orientalisti, il quale illumini il Governo caso per caso e lo aiuti ad evitare errori di ignoranza e di ingenuità analoghi a quelli, che sembrano essere incorsi nel trattato di Losanna? Non è necessario organizzare al piu presto, sia a Napoli, dove ci è già un Istituto orientale, quasi del tutto improduttivo, sia altrove, concentrando e utilizzando i molti e ottimi insegnanti, che sono sparpagliati qua e là a non conchiudere nulla in tutte le università italiane, una scuola superiore di lingue e istituzioni orientali, scientifica e pratica, la quale serva di vivaio per i funzionari superiori civili e militari della Libia, dell'Eritrea, del Benadir, e per il corpo consolare e diplomatico destinato ai paesi d'oriente? Non è necessario, anzi urgentissimo, affidare a una "Commissione di codificazione delle leggi libiche " un ufficio analogo a quello che il Governo francese affidò, dopo molti e lunghi errori, nel 18% alla Commissione di codificazione delle leggi tunisine? Questa Commissione, di cui fu relatore il nostro Santillana, raccolse le consuetudini e le dottrine giuridiche delle varie 274 BibliotecaGino Bianco

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